28 ottobre 1979. Vincenzo Paparelli era seduto in Curva Nord. Al derby che sarebbe andato in scena allo Stadio Olimpico di Roma, mancavano ancora un paio d’ore. 

Era tranquillo, Vincenzo Paparelli. Stava mangiando. Quel classico panino da ingoiare in fretta sugli spalti, mentre il cuore batte forte pensando a come andrà la stracittadina.  Il cielo minacciava pioggia. Sarebbe scoppiato a piangere? Forse. Perché Vincenzo Paparelli non poteva saperlo. Ma quella domenica, per lui, sarebbe stata l’ultima.

Scaramucce prepartita? Qualcuno le chiamerebbe così. Dalla Curva Sud,  vennero sparati due razzi di segnalazione, finiti fuori dall’Olimpico,  dopo un incerto percorso zigzagante.

Vincenzo Paparelli sta esalando i suoi ultimi respiri. Ma ancora non lo sa. Ancora dalla Sud parte un terzo razzo. Quello infame. Mortale. Definitivo.

Viaggia in linea retta per oltre 130 metri e colpisce Paparelli sulla faccia, terminando la propria corsa dentro all’occhio del tifoso biancoceleste.   Paparelli si accascia su sé stesso.  In un attimo è l’inferno.

Terrore. Rabbia. Sangue ovunque. La moglie di Vincenzo, lì accanto a lui, che inizia ad urlare e a chiedere aiuto.

La corsa al Santo Spirito. Inutile. Paparelli vi arriva cadavere. Le forze dell’ordine indagano con celerità alla caccia degli assassini e dopo una breve indagine,  individuano in Giovanni Fiorillo l’autore fisico del gesto criminale.

Fiorillo ha 18 anni ed è un imbianchino disoccupato.  Si dà alla latitanza la sera stessa dell’omicidio. Scappa senza una meta  precisa. Vaga per l’Italia,   arriva al confine con la Svizzera, espatria.  Si costituirà dopo un anno e due mesi.

Il ricordo di quella giornata è vivo in tutti, o quasi. “Vincenzo Vive“, “Paparelli presente“, sono parole che spesso capita di ascoltare. Ma non devono diventare degli slogan. Sarebbe un vero peccato.

Una tragedia del genere deve insegnare che una partita di calcio non può trasformarsi in una guerra.

Ed è vergognoso, che a distanza di 35 anni, ci sia ancora chi rivendica con cori o scritte che troppo spesso capita di leggere sui muri della città, un gesto così infame. Che è costato la vita ad un uomo perbene.  Vincenzo Paparelli.

Che voleva vedere in compagnia della moglie un incontro di calcio. E che è morto. Senza un perché.