Sempre più spesso ci troviamo a ragionare sui limiti che la tecnologia moderna può superare e su quelli eticamente insuperabili. Nel caso che andiamo ad affrontare e che vede protagonisti due adolescenti, la tecnologia ha svolto il ruolo di ‘amplificatore’ invadendo il confine dell’illegalità. Spieghiamo. Gli attori di questa triste vicenda sono due coetanei, due ragazzi appena 14enni che frequentano uno dei licei più rinomati della provincia milanese. In totale sintonia i due giovani si reinventano film maker, oggetto delle loro riprese gli approcci sessuali consumati sotto i banchi di scuola e ripresi con i telefonini. I file di cui è certa l’esistenza sono due e cominciano ad essere diffusi principalmente tramite whatsApp. Il fenomeno diventa virale in pochi giorni e la notizia rimbalza anche tra i docenti dell’istituto e fino alle orecchie del preside. La conseguenza immediata è il coinvolgimento delle forze dell’ordine perché sia per coloro che i video li hanno girati, sia per coloro che li hanno ricevuti e li custodiscono nella memoria dei propri smartphone, si configurano i seguenti reati penali: diffusione e detenzione di materiale pedopornografico. I docenti si sono riuniti per mettere a punto una strategia psicologica e disciplinare di non facile attuazione. Da un lato c’è l’aspetto psicopedagogico, complicatissimo quando si parla di una ragazzina di soli 14 anni. Dall’altro i risvolti non trascurabili di tipo penale. E la tecnologia in tutto questo che ruolo svolge? Sicuramente non aiuta, anzi, accelera un processo di diffusione che, nel momento in cui viene avviato, risulta difficilmente arginabile.