Mario Venuti appartiene a quella rara tipologia di cantautori che sanno attraversare il tempo senza restarne schiavi. Per questa ragione la sua musica è sempre moderna, anche quando affonda consapevolmente le radici nelle antiche tradizioni. Si evince tutto questo e molto più nel suo nuovo album, scritto a sei mani col fidato Kaballà e Francesco Bianconi dei Baustelle. L’antipasto di questo lavoro, “Ventre della città”, sta andando molto bene ma lasciamo che a dircelo sia l’artista stesso.

Ti aspettavi che la prima canzone estratta dell’album andasse così bene in radio?
Direi di no. Per noi tre autori non era neanche un singolo. Pensavamo che un brano come “Il tramonto” fosse più adatto a raccontare questo nuovo lavoro. L’intuizione è stata del nostro promoter radio, noi abbiamo solo avuto il merito di fidarci.

Analizzando il titolo del to nuovo album, “Il tramonto dell’Occidente”, viene spontaneo chiederti se hai qualche consiglio per affrontare la notte imminente?
No, non ne ho perché non mi sono mai piaciute le persone che sostengono di avere ricette infallibili. Fa male chi promette soluzioni facili e fa male anche chi crede che esistano davvero.  Io posso solo impegnarmi a non cedere alla rassegnazione.

Presenti il tuo lavoro con un piglio costruttivo, parlando di “nuovi stimoli per pensare”. La cultura sarà quindi la nostra salvezza?
Ho sempre pensato così. È un buon investimento, forse l’unico che vale la pena di fare. Penso ad una terra come la mia Sicilia dove la mentalità mafiosa può essere atterrita solo se i ragazzi crescono da subito rafforzati dalla cultura. Chi studia difficilmente si dedica al malaffare

Sono in calendario un po’ di date. Hai comprato le scarpe nuove per camminare più comodo?
Non ce n’è bisogno, per fortuna non vado a piedi. Scherzi a parte, io non ho mai smesso di suonare. Ho la fortuna di avere il repertorio giusto per fare concerti di un’ora e mezza anche da solo con una chitarra o un pianoforte.

Hai festeggiato al MEI 20 anni di carriera. Mi scatti due polaroid? Una del tuo esordio ed una di questi giorni di crisi.
La prima è la foto di un uomo che ha trascorso quattro anni di vita a ricostruirsi dopo lo scioglimento dei Denovo, viaggiando e leggendo molto. Lo dimostra il fatto che il mio album d’esordio del 1994, “Un po’ di febbre, partiva da basi diverse rispetto al mio background.
La seconda foto, quella riferita a questi giorni, è di un uomo con qualche ruga in più ma comunque ancora sorridente e desideroso di rischiare. Ecco, ora forse sono più consapevole dell’importanza di essere liberi di rischiare.

Sta per tornare, dopo un lungo silenzio, Carmen Consoli. Vista la confidenza, hai avuto la fortuna di poter ascoltare qualcosa in anteprima?
No, non ancora.

Pensi che sarebbe interessante un talent-show solo per cantautori? Saresti uno dei giudici?
Ogni tanto se ne parla ma di base manca il coraggio per farlo sul serio. Invece sarebbe interessante e credo che il pubblico possa essere educato dai giudici a valutare un pezzo inedito, e che quindi non ha mai ascoltato prima, magari soffermandosi sul testo o sull’impatto della melodia. Personalmente non ritengo di avere sempre un’opinione su tutto e faccio fatica a giudicare le persone per cui non credo che sarei la persona giusta per un eventuale show di questo tipo.

Ti regalo una spada da Samurai. Come la usi?
Sinceramente mi fa paura per cui l’appendo al muro me ne godo la bellezza.

Non è vero, quindi, che pratichi qualche arte marziale?
E’ una leggenda metropolitana nata dal video di “Veramente”. In realtà voleva essere una danza la mia ma forse non sono riuscito ad essere così fluido nei movimenti.