“Hanno paura di guardarci dentro” è il terzo album per il gruppo Le Strisce, raro esempio di come passare indenni da una major discografica come la Emi ad un percorso più specificatamente underground. Dopo aver sfiorato il Festival di Sanremo col brano “Vieni a vedere Napoli”, di cui hanno parlato molto i media, monetizzano la loro visibilità con la migliore opportunità che offre la musica, e cioè i concerti. Tra un palco e l’altro arriva per il cantante Davide Petrella anche la soddisfazione di collaborare ai testi di LOGICO con Cesare Cremonini. Entriamo meglio nel mondo delle Strisce chiacchierandone direttamente con loro.
Arrivare al terzo album è un orgoglio o una fatica immane?
È un orgoglio e un privilegio, oggi in Italia si fa fatica a fare tutto.
Il titolo dell’album è molto suggestivo. Cosa c’è di così spaventoso “dentro”?
C’è un grande caos, luci ed ombre, siamo le meravigliose promesse di questo paese, che però non potrà mantenere.
Rispetto al primo lavoro siete cresciuti solo anagraficamente?
No, Siamo cresciuti perché abbiamo lavorato, lavorato tantissimo e abbiamo rinunciato ad avere paura. Avere paura è un lusso per chi fa arte, la paura ti giustifica quando i risultati non sono quelli che aspettavi, la paura ti consente il “sono gli altri che non capiscono niente”. Il lavoro invece non ti da tregua, il lavoro diventa devozione e la scrittura non può che migliorare.
Aleggia un suono pop rock molto inglese. Stanno ancora molto avanti gli inglesi rispetto a noi?
Siamo tutti figli di quello che ascoltiamo, per questo disco i riferimenti sono tantissimi, gli svedesi ci piacciono tanto ultimamente e nessuno è avanti a noi. Nessuno. Per i suoni, per la musica di una canzone è giusto che gli italiani guardino oltre il belpaese, perché in Italia non abbiamo coraggio di sperimentare, ma per quanto riguarda le parole, NESSUNO è avanti a noi, con l’incredibile lingua che è l’italiano noi possiamo essere musicali ma possiamo esprimere anche concetti profondissimi, possiamo essere semplici e complessi, possiamo avere a disposizione mille modi per esprimere uno stesso singolo concetto. Con l’inglese è tutto meno magico, provate a cantare in italiano un capolavoro come “All you need is love” dei Beatles o “Anaconda” di Nicky Minaj o il miglior pezzo di Eminem, dei Coldplay ecc..
Alla fine Cattelan ha risposto al vostro “vaffanculo”?
Sì, con una mail, ma non basta. Puoi fare di più Maurizio!
Come hai conosciuto Cesare Cremonini?
Dopo aver ascoltato alcune delle nostre prime canzoni, ci scrisse che eravamo in gamba, da lì abbiamo cominciato a sentirci più frequentemente… poi concerti, serate, chiacchiere, sbronze, avventure e disavventure e poi per caso abbiamo provato a scrivere musica insieme e abbiamo scoperto che siamo una bella squadra.
Cambia quando scrivi per lui rispetto al tuo progetto come Le Strisce?
Non saprei, non ci ho mai pensato. Penso solo a scrivere.
Ti regalo una spada laser. Come la usi?
La metto vicino al mio scudo di fuoco.