Uno dei giocatori più forti di sempre. Una leggenda. Un talento tormentato da infortuni e autolesionismo. Un diamante buttato al vento. Perché certe gemme si trovano per caso. Ed è altrettanto casuale, poi, perderle tra i meandri della vita. Senza un perché.

Era sera. Una sera di ventidue anni fa. Non capivo bene cosa volesse dire mio padre. So solo che era euforico. Contento. In estasi. L’inviato da Londra del Tg2 aveva appena dato una notizia choc per il mondo del calcio mercato. Il miglior giocatore vivente, Paul Gascoigne, era passato dal Tottenham alla Lazio per la cifra, pazzesca, di 26 miliardi di lire. Più o meno, sarebbe come dire che oggi Cristiano Rolando viene in Italia per 200 milioni di euro.

Era il 1991. Il ghigno beffardo del destino si stava per abbattere su di lui. Paul Gascoigne era chiamato a giocare la sua ultima partita con gli  Spurs, Gazza riuscì a raggiungere la finale di FA Cup. Durante il match, però, si infortunò gravemente al ginocchio, rimanendo lontano dai campi per più di un anno.

La Lazio decise di prenderlo ugualmente. Spendendo una cifra mai vista prima. Quando “Gazza” arrivò all’aeroporto ci trovò almeno diecimila persone in estasi. Ancora incredule del fatto che il giocatore più forte dell’epoca potesse arrivare in una squadra che navigava nelle zone medie della classifica.

Gascoigne, una volta, nonostante io avessi cercato di dissuaderlo, se ne andò dal ritiro la sera del sabato perché era arrivata la sua fidanzata. Il giorno dopo, quello della partita, ero a pranzo con una parte del mio staff e me lo vidi piombare completamente nudo al ristorante. E Gazza mi disse: ‘Mister, mi hanno detto che mi voleva e non ho fatto in tempo a vestirmi‘. ‘Aveva cambiato idea. Ovviamente non l’ ho fatto giocare ma con uno così, a suo modo geniale, come ci si può arrabbiare?‘ – parole di Dino Zoff, allenatore della Lazio di allora.

Sempre in biancoceleste, la squadra era in viaggio in pullman verso la Puglia, Gascoigne era seduto in testa al mezzo a leggere silente il Daily Mail; il pullman entrò in galleria, e dopo 1 km e mezzo completamente al buio, tornata la luce tutti guardarono Gazza: stava ancora leggendo il giornale, ma era completamente nudo.

Fenomeno senza regole, ruttò in diretta nella tribuna Vip dello stadio Olimpico e si beccò una multa dalla società, mentre con un peto in allenamento fece ridere tutta la tribunetta di sostenitori, ma arrabbiare Zeman, con cui ebbe un rapporto sempre conflittuale.

Paul non si fece mai piegare dai rimbrotti del boemo. Anzi.  Una volta gli rubò il fischietto e lo mise al collo del cane che faceva la guardia al Maestrelli, nello spogliatoio spesso sfotteva i compagni intenti a farsi massaggiare sul lettino e si narra persino che una mattina, verso le 10, Zeman entrato in un bar della Capitale  vi trovò Gascoigne, faccia da clown e bicchiere di Gin in mano.

Gli aneddoti che vedono Gascoigne protagonista sono talmente tanti, che si perderebbero anni a raccontarli tutti. Questo merita di essere citato durante una conferenza stampa un giornalista norvegese chiese al fuoriclasse inglese di mandare un messaggio ai popolo norvegese; la sua risposta si limitò fu laconica: “Fuck off, Norway”.

Di lui, a Roma, non si ricordano solo le bravate. Ma anche partite da fenomeno, perle regalate a un pubblico che non ha mai smesso di amarlo.

Un Lazio-Torino in Coppa Italia, in cui sembrava un marziano che volava sul prato verde dell’Olimpico, ma ancor di più un Lazio-Atalanta, in cui irrise palla al piede tutti gli avversari, che alla fine del primo tempo chiesero un consulto al proprio allenatore per cercare di capire come limitarne il raggio d’azione.

Chi l’ha visto giocare ne serberà per sempre un ricordo indelebile. Che la cronaca di questo periodo, tra cliniche e cure disintossicanti, non potrà mai riuscire a macchiare.