Expo 2015. Come procedono i lavori? Sarà davvero, questa, l’occasione per rilanciare l’Italia davanti agli occhi del pianeta? “Negli appalti legati ad Expo è stata riscontrata non soltanto corruzione, ma anche segni della presenza mafiosa”. Lo ha affermato Nando dalla Chiesa, presidente del Comitato di ‘saggi’ antimafia.

Questo è quello che emerge dalla Quinta relazione che un team di esperti ha presentato al sindaco di Milano Giuliano Pisapia, il 6 agosto scorso, quattro mesi dopo la precedente.

Questo team di esperti, avverte forte l’emergenza. Ha voglia di far conoscere a Milano e al resto dell’Italia quanto sta accadendo: le organizzazioni mafiose stanno continuando a penetrare nei cantieri.

Il sistema di controlli  sulle opere legate alla manifestazione palesa le sue crepe, nonostante gli sforzi per migliorarla e le istanze che il Comitato rinnova fin dalla prima Relazione, datata luglio 2012.

“Ci sono molti ambiti in cui si dovrebbe intervenire e invece non si fa – rivela  a Wired Dalla Chiesa -. Probabilmente ci sono stati dei vuoti di strategia nella sorveglianza di Expo. Ci sono notevoli attori e ognuno persegue esclusivamente il proprio cammino”.

La malavita, dunque, gira attorno ai cantieri dell’Expo. Ci entra dentro.  Sintomi che è facile cogliere, sintomi che vengono evidenziati dai controlli in loco, all’interno dei cantieri, durante i cosiddetti “accessi ispettivi” cui dà vita la polizia amministrativa, che chiede ai lavoratori presenti di identificarsi e controlla la targa di ogni veicolo.

“Se anche di un solo mezzo o di un solo operaio non si riesce a stabilire la ragione per la loro presenza nel cantiere, allora ci troviamo di fronte ad un’anomalia”, ha detto Giuliano Turone, ex magistrato e membro del comitato antimafia.

Ci sono poi altri aspetti, direttamente collegati all’Expo, su cui il Comitato non riesce a trattenere il timore. Organizzazioni malavitose, in particolar modo  la camorra, stanno mettendo le proprie mani anche su appartamenti in zone turistiche della città per edificare alberghi e affittacamere clandestini.

Una piazza d’affari che si accompagna a quella già infiltrata dei divertimenti, delle discoteche, dei pub, storicamente “controllati” in modo diretto o indiretto dalla criminalità organizzata.

E le dimissioni da subcommissario di Antonio Acerbo, responsabile dei lavori del Padiglione Italia, non fanno svanire le ombre sui cantieri dell’Expo.

Rimangono sul piatto le accuse di corruzione e turbativa d’asta. Resta l’avviso della Procura milanese che vuole vederci chiaro su appalti e tangenti: sembrerebbe non essere finita qui.

È complicato non perdersi tra avvisi di garanzia e aspettative di ripresa, stipendi milionari e richiami alla sobrietà operati dai testimonial dell’evento. Il futuro è incerto. I ritardi palesi. E decisamente preoccupanti.

L’Expo si avvicina, la magistratura però sconsiglia eccessi di entusiasmo. A rischiare adesso è il Padiglione Italia, la vetrina del Paese, e il suo costosissimo Albero della vita, un sogno technicolor che sfiora i dieci milioni di euro, due e mezzo dei quali pagati al progettista.
Più che di sogni, Milano in questi giorni specchio d’Italia, avrebbe bisogno di pulizia, morale e materiale. E di una certezza: avere la possibilità di lavorare in condizioni di sicurezza e rispetto della legge.

Possibile che non si possa stendere una rete di garanzia attorno ad Expo dopo l’arrivo del commissario anticorruzione Raffaele Cantone, isolando le mele marce e le mafiosità?  La possibilità di rilanciare l’Italia con Expo 2015, pare per ora destinata a restare ben chiusa in un cassetto.