Adesso il rap va di moda. È addirittura approdato nei talent e non c’è ragazzino che non sogni di seguire le orme dei vari Emis Killa o Marracash. Adesso, perché negli anni novanta, quando hanno iniziato gli Enmicasa, la scena era davvero molto underground. In occasione del loro nuovo disco, Tave ci racconta quel periodo.

Ci scattate una polaroid della scena rap milanese degli anni 90?
È una bellissima foto, incorniciata e appesa alla parete della nostra memoria, dove se volevi il Rap te lo dovevi guadagnare. Dovevi cercare, visto che le informazioni erano poche: c’era il passaparola, c’erano le fanzine e pochissimi posti dove potevi sentirlo, i negozi di “dischi” specializzati erano una rarità e molto di rado si vedeva un video musicale del genere in TV. La musica si toccava con mano e ognuno di noi aveva un giradischi in casa. Se ci aggiungiamo che essendo cresciuti in zona Rho, c’era anche lo sbattimento che dovevamo muoverci verso Milano, tutte queste cose facevano e fanno capire quanto eri veramente innamorato di questa cosa: dovevi starle dietro e corteggiarla, altrimenti niente, non ti filava. Da qui il nostro tributo al rap anni ‘90 nel brano “La mia cosa” presente nel nuovo album.

Ok, adesso confrontiamo la foto con uno scatto dei nostri giorni? Oggi è il contrario di allora: è il Rap che viene a cercarti, devi solo decidere se ti piace o meno. Il genere si è affermato ed è una cosa positiva, viviamo il presente conoscendo il passato e siamo contenti di conoscere la sua storia. Ci sono più possibilità e i ragazzi crescono a tempo di Rap, che è un genere che ha portato una ventata di novità alle solite tematiche della classica canzone Italiana. Allo stesso tempo non ci siamo chiusi in noi stessi a venerare il santo Graal del Rap anni 90, si va avanti e cerchiamo di cogliere le cose positive che il rap odierno sa darci. È più facile fare Rap in termini di mezzi e la tecnologia ha dato una bella mano in questo, anche se su questo punto non so dirti se sia stato un vero beneficio. L’unica cosa che mi pesa è che si è perso il contatto fisico con la musica: la musica è diventata molto usa e getta, se al primo ascolto non ti convince finisce nel cestino, però facciamo questo discorso ora che abbiamo qualche soldo in più in tasca e possiamo permetterci di comprare tutti i Cd che vogliamo, mentre allora ce ne potevamo permettere pochi e quei pochi li consumavamo, ma alla fine ci duplicavamo le cassette come ora si scaricano gli album in mp3. Concludo dicendo che i ragazzi ora sanno che con il Rap si possono fare i soldi, se sia un pro o un contro, dipende solo dai punti di vista, siccome oltre al gruppo gestiamo un’etichetta è la classica lotta tra cuore e cervello.

Come mai solo tre album in quasi vent’anni?
Abbiamo iniziato per piacere, penso che non avevamo neanche ben chiaro cosa stavamo facendo e dove volevamo andare, so solo che ci piaceva farlo, passavamo le serate in macchina e sulla panchina al parco a fare freestyle, ogni tanto scrivevamo una canzone (che poi quest’ultime sono finite in un vinile 12”, nell’ep “SempreVerde” e  in varie compilation). Con la compilation “Area di contagio” del 1997, gestita completamente da noi, abbiamo dato origine alla nostra etichetta Produzioni Oblio e al relativo booking & management Area di contagio, che negli anni ci ha portato a curare Vacca, Club Dogo, Marracash, Vincenzo da Via Anfossi, Babaman e ora Jamil. Inoltre nel 2001 con il sito www.areadicontagio.com siamo stati i primi a realizzare la prima compilation in free download della storia dell’hip hop italiano. Diciamo che non siamo stati con le mani in mano e negli anni ci siamo dedicati anche alla parte manageriale della musica. Anche il fatto di non avere avuto, ai tempi, la tecnologia odierna e uno studio a nostra disposizione, credo abbia influito e non poco sulla cosa. Negli ultimi anni con Zed, che è rientrato in Sardegna, abbiamo uno studio dove con molto piacere riusciamo ad andare per tot giorni e fare una full immersion per entrare nel giusto mood del progetto, non a caso gli ultimi due album sono usciti nel giro di quattro anni.

Parafrasando il titolo del vostro nuovo lavoro, è quindi possibile “sopravvivere” in questo millennio buio?
Non abbiamo altra scelta, a quanto pare: siamo dei sopravvissuti a un’altra epoca che intendono vivere ogni attimo di questo millennio, seppur a tratti buio. Continuiamo a fare quello che ci piace e che ci ha resi quello che siamo, abbiamo avuto costanza nel portare avanti le nostre cose e siamo stati premiati dalle soddisfazioni che ci siamo tolti. Fidatevi di chi ha chiamato la propria etichetta Produzioni Oblio: chiamata cosi perché volevamo uscire dall’oscurità…

Forse anche creandosi i propri spazi di indipendenza, a partire dalla propria casa discografica?
Sicuramente. Pensiamo che la nostra realtà “discografica” abbia dato un contributo importante al Rap odierno, ci siamo sempre stati, abbiamo continuato a fare il nostro soprattutto dagli inizi del 2000, quando il Rap Italiano aveva subito un tracollo. Non a caso siamo nel background di alcuni gruppi noti delle classifiche di vendita attuali. Per quanto riguarda il gruppo, siamo il primo gruppo rap Italiano a essere inserito in un film hollywoodiano e di successo come “Fast And Furious – Solo Parti Originali”, da autoprodotti (anche se all’epoca avevamo una distribuzione major).

Come è avvenuto il ritorno di Meddaman?
Mai dimenticare le proprie origini e visto quello che volevamo trasmettere con il brano “La mia cosa”, chiamare Medda (noi l’abbiamo sempre chiamato così!) è stata una cosa spontanea e vera. Abbiamo formato gli Enmicasa con lui, poi le nostre strade si sono divise artisticamente perché lui ha avuto sempre una marcia in più ed è stato semplicemente giusto così. Nel 2016 ricorreranno i vent’anni del gruppo, per tanto speriamo di riproporre dei brani in assetto – diciamo – vintage!!! Siempre Enmicasa.

Qual è la vostra opinione sullo sbarco dell’Hip Hop nei talent? Può essere utile?
Per come ci siamo legati e abbiamo vissuto il Rap (l’hip hop è un’altra cosa) per noi è una cosa inconcepibile, poi bisogna trovarsi in mezzo a quella situazione per capire veramente cosa si prova ad avere un’occasione del genere, perché non è altro che un’occasione. Sicuramente volere costruire un palazzo senza le fondamenta, prima o poi porta all’inevitabile crollo

Chi ammirate della nuova leva? Con chi sognate di collaborare?
Ci siamo trovati molto bene con Jamil, presente nel brano “Parlo per me”. Tra l’altro ha appena pubblicato il nuovo album, “Il Nirvana”, con la nostra etichetta. Lui ha personalità ed è un aspetto molto importante per emergere da un genere che oggi tutti vogliono fare – ora come ora c’è l’inevitabile corsa all’oro. Il nostro sogno si è realizzato nel 2006 quando tramite msn messenger abbiamo ricevuto il ritornello di B-Real dei Cypress Hill! Siamo dei fan maniacali del gruppo, tra collezioni di vinili e rarità discografiche. Inoltre ricordiamo con molto piacere la prima volta che li abbiamo conosciuti: da allora ci siamo visti qualche altra volta e ricordiamo con altrettanto piacere quando siamo stati loro ospiti nel backstage e a lato palco durante la data di Milano all’Arena del 2011. Il brano che abbiamo fatto insieme, come ti ho detto in precedenza, è stato inserito in “Fast and Furious – Solo parti Originali”, quindi abbiamo contraccambiato la fiducia di B-Real alzando ulteriormente il livello. In questo nuovo album invece siamo riusciti a collaborare con Son Doobie dei Funkdoobiest, che è stato un altro gruppo con cui siamo cresciuti. Per concludere la triade ci manca un certo Everlast degli House of Pain, artefici del pezzo rap per antonomasia, “Jump Around”, mentre tra gli Italiani stimiamo molto un gruppo che seguiamo dalle origini, i Colle Der Fomento.