Si è parlato anche di crisi economica sulle frequenze di Radio Cusano Campus. Durante il programma ECG Regione Lazio, condotto da Andrea Di Ciancio e Roberto Arduini, a dire la sua è stato chiamato il sindaco di Latina, Giovanni Di Giorgi.
Sindaco, a Latina cosa dicono i numeri dal punto di vista occupazionale?
“A Latina come in tutta Italia c’è un problema occupazionale, soprattutto per quanto riguarda il settore manufattoriero. In controtendenza, però, abbiamo il veicolo dell’agricoltura. Latina sente la crisi, il problema più grosso è legato all’edilizia: l’edilizia è ferma, tanti immobili sono invenduti, molti non riescono ad accedere al credito, pochi riescono ad acquistare immobili e poi la tassazione imposta dallo stato centrale è troppo alta e questo problema ricade sulle nostre spalle. Noi amministratori ormai siamo gabellieri di stato: introitiamo tasse sui cittadini e poi dobbiamo rigirarle allo stato centrale. E’ ovvio che poi la gente sia inviperita verso gli amministratori locali”.
Bisogna dare delle possibilità ai ragazzi prima che scappino all’estero…
“Noi come amministrazione siamo in controtendenza a livello nazionale, nel biennio 2014-2015 avremo opere pubbliche per oltre cinquanta milioni di euro e cercheremo di rimettere in piedi la nostra economia. Sicuramente, però, il morso della crisi si sente. Ed è forte. Prima Latina fruiva della cassa del Mezzogiorno, ora questo non accade più e diverse multinazionali delocalizzano. Questo comporta la perdita del posto di lavoro per molte persone, sia per quanto concerne l’indotto diretto che quello indiretto”.
Colpisce tantissimo la crescita degli sfiduciati. Quelli che non hanno lavoro e non hanno neanche più voglia di cercarlo…
“Questo purtroppo è un dato che esiste anche a Latina. Molti giovani si sentono sfiduciati, ma anche tanti quarantenni si vedono chiudere in faccia troppe porte. Un settore dove potremmo fare un salto di qualità è quello dell’agricoltura, la nostra zona è il primo produttore al mondo di Kiwi per esempio, con la tecnologia e con la bontà della terra ci sarebbe la possibilità di creare lavoro”.
Tornando sulla questione delocalizzazione: quanta colpa ha lo stato nella creazione di questo fenomeno?
“C’è un problema legato al costo del lavoratore lordo, altissimo rispetto al resto dell’Europa e del mondo. Ma non è tutto. Aggiungiamoci il fatto legato alla burocrazia: i tempi sono enormi, non c’è certezza di quanto si possa impiegare ad aprire una attività. Basta andare in un Paese europeo vicino a noi e i tempi si dimezzano. Abbiamo una fiscalizzazione altissima, contratti poco flessibili e una tempistica eccessivamente lunga. Per avere una autorizzazione ci sono troppi uffici competenti e tutti hanno dei tempi biblici”.
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