Alessandro Vescovi è un giovane giornalista di un settimanale locale della provincia di Roma. Alla ricerca dello scoop che gli farebbe fare carriera si imbatte in alcuni scavi lungo la Statale 155 che la Guardia di Finanza sta conducendo nel massimo riserbo. Prova a scalfire il muro di segretezza che li avvolge, ma senza risultati. Almeno fin quando in una borgata poco distante, qualche mese dopo, scoppia una feroce crisi idrica. Inizia così un viaggio nel tempo, nella memoria nascosta di quell’angolo di provincia italiana, da cui affiorano sempre più palesi i i misteri che la legano a quell’Italia dei misteri in cui Servizi deviati, autorità ecclesiastiche e Poteri Occulti si sono mossi con delicata disinvoltura. Tra attentati, personaggi ambigui e omicidi, Vescovi si perderà nel labirinto della memoria fino ad arrivare alla ricostruzione del quadro.
Tra romanzo ed inchiesta, l’autore di questa opera è Antonio Valenzi, giornalista specializzato nelle politiche amministrative degli enti locali e nell’economia dei media. Noi di Tag24 lo abbiamo incontrato.
Che cos’è la provincia del Diavolo?
E’ tante cose. E’ un thriller e nello stesso tempo un luogo reale, a sud est di Roma, ma potrebbe essere anche quel generico habitat sociale in cui per i “poteri forti” è facile nascondere traffici ambigui, tenerli lontano dai riflettori con la quasi certezza che il mito della “provincia tranquilla” non farà mai nascere sospetti da parte della gente comune. Si dice che la più grande vittoria del diavolo sia quella di far credere che non esiste, direi che in provincia trova il terreno più fertile.
Come le è venuta l’idea di scrivere La Provincia del Diavolo?
E’ stato un passo sul quale ho riflettuto a lungo. Ero abituato a scrivere per i giornali mentre la scrittura narrativa poggia su una cifra completamente differente. Né volevo diventare uno di quegli scrittori, l’ennesimo, che si mette su un piedistallo e ti spiega come funziona il mondo. Leggere deve essere un piacere, non una condanna ai lavori forzati. Avevo del materiale che si prestava a diventare un thriller, ma volevo tenere vivo quel sentimento attribuito a Montanelli secondo cui il giornalista spiega agli altri cose che non capisce neanche lui. Spero di esserci riuscito.
Romanzo o inchiesta? Quanto c’è di vero e di autobiografico in quello che ha scritto?
Forse non è importante saperlo, ma buona parte di quanto ho scritto è vero. L’azione si snoda nel quadrante sud est della provincia di Roma dove ho cominciato scrivendo per un settimanale locale. E’ l’area tra Palestrina, Gallicano nel Lazio, San Cesareo e la frazione di Valle Martella sulla via Prenestina. Una cosa che pochi sanno è che nel romanzo di Thomas Mann “Doctor Faustus” è Palestrina -l’antica Praeneste- la città del patto col diavolo. Alla luce di tanti riscontri successivi mi è sembrata una bella suggestione letteraria.
Nella sua opera si parla di tutti i poteri forti, occulti o meno, che hanno segnato la vita della Repubblica Italiana. E’ stato difficile parlare di tematiche così delicate?
Si e no. Da una parte la produzione saggistica è tantissima, dall’altra ci sono ancora molte zone d’ombra sulle quali è difficile fare piena luce. Quando ci si addentra in queste tutto diventa molto più ostico. Ci sono voluti mesi per incontrare persone che non hanno alcuna voglia di esporsi, o per trovare documenti che testimoniassero la compromissione di quel lembo di provincia romana con la cosiddetta Italia dei misteri.
Oggi secondo lei c’è ancora qualche burattinaio che tesse le fila di quanto accade nella vita politica ed economica del nostro Paese?
I “Poteri Forti” esistono da sempre ma la loro debolezza è nell’assetto a geometria variabile: si uniscono e si dividono, o si frammentano in cordate, a seconda delle contingenze. Tuttavia, la loro forza principale, lo dico con dolore, è nella complicità inconsapevole del popolo italiano. Siamo un popolo dalle straordinarie virtù individuali ma sul piano civico e civile siamo dei cialtroni, superficiali e approssimativi, ragioniamo solo nel breve termine. I “Poteri Forti” invece non lo sono. Gli uomini e le donne che ne fanno parte sono rigorosissimi, conducono vite monastiche, i loro figli fanno studi rigorosissimi, coltivano passioni come la musica classica, la bibliofilia e la cultura umanistica in genere. Altro che smartphone e centri commerciali! Tutto questo, inutile dirlo, gli dà un vantaggio enorme.
Prossimi progetti per lo scrittore Antonio Valenzi?
Ci sto lavorando da un anno, al centro c’è un intrigo internazionale, molto stimolante ma molto impervio. Di scrivere per ora non se ne parla, e le dirò che in parte sono contento, il momento della ricerca è quello più affascinante.