Come i Blues Brothers. Capita, infatti, che il cinema anticipi la vita reale raccontando storie che poi accadono sul serio. E’ successo ai Cavalieri dello Zodiaco, band che negli anni novanta trasformò le sigle dei cartoni animati in vere e proprie hit, ottenendo un successo di pubblico fortissimo. Dopo aver suonato in tutti i luoghi di culto della grande musica, come ad esempio in quel Piper dove nacquero Patty Pravo e Renato Zero, i musicisti romani presero vie distanti dalle luci della ribalta ma ora, quasi vent’anni dopo, tornano “in missione per conto di Dio”. Ce lo racconta meglio il cantante Giovani “Peter Rey” Pompeo.

Come nacque l’idea di suonare le cover di cartoni animati?
Fu un’intuizione di Emiliano “Ataru Moroboshi” Carnevale che mi chiamò al telefono per dirmi che stava mettendo in piedi una cover band delle sigle dei cartoni animati e che mancava ancora il cantante. Io risposi solo “Quando cominciamo?”. Così partimmo con Patrizio “Haran Banjo” Foresta alla batteria, che conoscevo dai tempi degli INNKEEPERS, Matteo “Babil Junior” Lefevre alla chitarra, Andrea “Ken Falco” Morbelli ai cori e alla tastiere e Fabio “Sakurambo” Guerrieri sempre ai cori e alle tastiere. Il nome ci venne in mente perché volevamo rendere onore ad una delle band più amate delle sigle dei cartoni animati, “I Cavalieri del Re”, ma anche citare uno dei cartoni animati del momento e cioè “I CAVALIERI DELLO ZODIACO”.

I vostri concerti erano piccoli eventi. Quali ricordi come “quello più fuori di testa”?
Ogni nostro live (o come amiamo goliardicamente scrivere noi, LAIV) era un piccolo evento a base di musica ma studiato come un vero spettacolo, diverso dal precedente. Scene, costumi, ospiti e scaletta sono cambiati ogni volta e la partecipazione attiva del pubblico e dei più accaniti fans (avevano creato un FAN CLUB de I Cavalieri dello Zodiaco!) è sempre stato un must per noi. Ogni concerto, una festa! E’ difficile sceglierne uno in particolare: ad una festa di capodanno in Calabria eravamo considerati delle star, alla finale di Emergenza Rock all’Air Terminal Ostiense suonammo di fronte ad oltre 1.000 persone, a Il Locale ed al Piper (ben 2 concerti) ci suonavi solo se eri musicalmente considerato. Forse quello un po’ più fuori di testa fu il nostro ultimo concerto all’Horus Club, quando suonammo davanti a un mare di amanti dei cartoni animati con tanto di maxi schermo alle nostre spalle che proiettava immagini di cartoni e del nostro live, tantissimi ospiti (più o meno noti) e noi che ci presentammo vestiti da… Spice Girls!

Nel vostro repertorio non ci sono brani di Cristina D’Avena. Perché?
Ce lo hanno sempre chiesto. La risposta è molto semplice: assolutamente nulla nei suoi confronti ma noi siamo della generazione di Goldrake, Mazinga, Daltanious, l’Uomo Tigre, Heidi, Lady Oscar, Lamù, Daitarn 3, Babil Junior, Judo Boy, Sandokan, Mork&Mindy, Daltanious, Ken Falco ma anche Carletto, Ken il guerriero, Conan, ecc. (non credo serva citare i fior fior di compositori ed esecutori) e quando Cristina D’Avena ha cominciato a “monopolizzare” le sigle dei cartoni animati (non nascondiamo il fatto che ce ne sono alcune che apprezziamo molto), non l’abbiamo proprio digerita benissimo. Le sigle dei cartoni erano per noi diventate un po’ troppo monotone. Tutto qui.

Siete arrivati a vincere Emergenza Rock e a registrare un disco. Poi cosa è successo?
La registrazione di quel disco era proprio il premio per aver vinto la manifestazione ma la produzione decise che noi non avevamo voce in capitolo e che il CD dovesse essere DANCE  e non ROCK, perché avrebbe avuto maggior mercato. Ne uscì un lavoro registrato malissimo e mixato molto approssimativamente ed in economia. Un album con 8 brani, 6 cover e 2 inediti, decisamente “non nostro”. Nel senso che, a parte la mia voce, i testi dei 2 brani inediti (sulla base di brani composti da S. Bollani) e lo spirito demenziale che vi aleggiava, tutto il resto era il risultato delle scelte di “altri”. L’aspetto positivo fu, però, la eco che avemmo a livello locale e non solo tanto da essere chiamati a suonare nei più disparati eventi e in moltissimi locali di tutta Italia. Poi la ripetitività ci ha alla fine semplicemente annoiato. La vita ha preso per ciascuno di noi la sua piega, Matteo “Babil Junior” Lefevre non se la sentiva più e così ci siamo sciolti.

Fino alla reunion…
La chiamata delle sigle (e di tanti amici che ci hanno tartassati) è tornata ad essere irresistibile. Ho così trovato un nuovo chitarrista, il buon Luca “Dr. Dokrobei” Di Nardo, e abbiamo ripreso a suonare saltuariamente, sciogliendoci e riunendoci diverse volte!

Che tipo di pubblico avete ai live (o meglio LAIV) del nuovo millennio?
Siamo sempre accompagnati dagli amici di lunga data e dalle nuove leve di amanti delle sigle di anni in cui non erano nemmeno nati (ci viene a sentire gente dai 10 ai 60 anni d’età). Molti dei nostri fans sono oggi felici mamme e papà (come quasi tutti noi!) di uno o più figli (la nuova leva de I Cavalieri dello Zodiaco) e il genere delle cartoons cover band continua a crescere, come dimostra l’elevatissimo numero di band in Italia e degli appassionati che vanno a diversi concerti ed eventi a tema.

Ora che i Blues Brothers sono tornati che progetti avete?
Non lo so. So solo che siamo più matti e carichi di prima perché “solo uno alla fine, potrà trionfar!!!”