L’avevamo conosciuta qualche anno fa col romanzo “Tè alla fragola” ed ora, dopo un periodo di fisiologico silenzio, riappare con importanti novità. Stiamo parlando della scrittrice Raffaella Formillo che in questi giorni pubblica la raccolta di racconti “A testa in gù”. Una nuova e stimolante sfida che la ragazza pugliese raccoglie senza patemi d’animo. Scopriamo dalle sue parole di cosa tratta la sua nuova fatica.
Partiamo dal titolo. Perché lo ha scelto?
Perché è un po’ la chiave di lettura di questo mio lavoro che, preso nel suo insieme, è un invito a ribaltare la realtà, a cercare il lato nascosto delle cose. Al suo interno, infatti, ho spesso messo in pratica un’inversione di prospettiva e di ruolo che serve come spunto di riflessione per il lettore.
Come mai sei passata da un romanzo ad una raccolta di racconti?
Credo che la narrativa non abbia confini e soprattutto io non amo ingabbiarmi in uno stile solo. È chiaro che questa sfida sia più difficile: in Italia siamo troppo poco abituati ai racconti e perché spesso nelle raccolte ce ne sono un paio forti e molti altri a fare da riempitivo. Il mio sforzo, invece, è stato quello di creare solo storie di livello e poi di legarle l’una all’altra attraverso un’idea di cui vado molto fiera.
Alludi a quello “stratagemma narrativo” di cui si parla nel comunicato stampa?
Sinceramente preferisco definirla “tecnica narrativa” ma consentitemi di non svelare di più ai lettori. La sorpresa deve rimanere tale.
Questi tuoi racconti stanno tra il pulp e l’horror. Perché questi generi sono così poco frequentati in Italia?
Perché non fanno parte della nostra cultura, forse più vicina alle soap-opera, mentre sono tipiche del sentire gotico anglosassone. Noi cresciamo leggendo a scuola libri molto più tradizionali come “I Promessi Sposi”, che io comunque adoro, che evidentemente non hanno a che fare con quelle atmosfere.
E’ da poco scomparso Giorgio Faletti. Da collega, qual era la tua opinione su di lui?
Credo che Faletti fosse un talento a 360 gradi. Sapeva far ridere, sapeva recitare bene e, soprattutto, sapeva scrivere in modo intenso. Appena uscì “Io uccido”, me lo lessi tutto d’un fiato trovandolo molto ben fatto nel suo genere. Per tutta la nostra scena culturale quella di Faletti è stata una grande scomparsa.
Credi nell’eBook e nel suo imporsi nei prossimi anni?
Sì, perché è una grande alternativa. Costa molto di meno dei libri su carta, non occupa spazio ed è ideale per tute quelle persone che sono in viaggio ed hanno voglia di portarsi dietro molti titoli. Confesso che, essendo del 1974, resto ancora affascinata dall’oggetto libro in sé ma riconosco anche che l’eBook possa essere un ottimo antipasto. Uno può scaricarsi due o tre libri per poi comprarsi il più bello in supporto fisico.