Ci vuole un lumicino. Per vedere nel buio della nostra cultura dove, lontani dai riflettori dei media più importanti, camminano a tentoni artisti di grande talento. È il caso del cantautore salentino Luigi Mariano che è reduce da un successo unico di passaparola ed ha saputo muovere i suoi passi nonostante uno scenario post-apocalittico. Impariamo a conoscerlo dalle sue stesse parole.

Come definiresti l’essere cantautore oggi?
Non ho la definizione di “cantautore tout court” ma ho quella del cosiddetto “cantautore emergente”: un donchisciotte eroico e romantico che fa ancora molta fatica a campare solo di musica, trascurato (più che raggirato, come un tempo) persino dal Gatto e la Volpe di “bennatiana” memoria e circondato piuttosto da un nugolo quotidiano di convenzionali e pallosi “sanchopanza” (anche della propria coscienza) che qua e là tendono, a più riprese, a farlo desistere, anche indirettamente, dalla sua pervicace e lucidissima follia.

Il tuo album d’esordio, “Asincrono”, ti ha fatto vincere diversi prestigiosi premi. Quali ricordi con maggiore affetto?
I premi, tra la fine del 2010 e la fine del 2013, sono stati tanti e inaspettati. Per anni il mio rapporto coi concorsi (che, da persona “non competitiva”, ho prima scartato e poi in seguito utilizzato solo come strumenti per farmi conoscere) è stato disastroso: mi sentivo davvero non capito. Non che abbia partecipato chissà a quante decine di concorsi, anzi, ma ogni volta, tra il 2000 e il 2010, c’era lì ad attendermi un’indifferenza notevole. Poteva anche darsi che fossi molto più inesperto e ancora inespresso, o che la mia atavica incapacità di sapermi “vendere bene” fosse a livelli ancora peggiori di adesso, chissà. Senza ombra di dubbio i premi per me più emozionanti sono stati, in ordine: il “Premio Ciampi 2013” (anche per il contesto e l’importanza della manifestazione) e la targa come miglior testo al “Premio U. Bindi” 2011 in un finale con una decina di talenti strepitosi di livello altissimo”.

Secondo te perché un artista di cui si è parlato molto e bene come te ancora non ha ricevuto una proposta da una casa discografica?
Per il prossimo disco, dopo l’ottimo esordio di “Asincrono”, ci sono dei contatti reali, con etichette indipendenti. Vedremo. Se poi ci riferiamo anche alle famose “major”, per le quali (a detta di tantissimi esperti del settore) il mio primo CD, a livello sia artistico che sonoro, sarebbe stato anche molto adatto, beh… ormai (a causa della crisi del disco) si punta solo sul sicuro-sicurissimo: mica si fanno discorsi “artistici”, come succedeva un tempo, quando c’era Ennio Melis! Nooo. Il discorso ormai è solo commerciale e di convenienza: anche volendolo, non riescono più a fare altrimenti. E’ cambiato tutto, ossia: a parte poche coraggiose e capaci etichette indipendenti, si investe quando la percentuale di rischio è più o meno vicino allo zero. E questo capita quando un artista emergente ha già un pubblico abbastanza nutrito su scala nazionale: o perché è stato talmente tanto in TV (talent, programmi TV) e in radio (passaggi a manetta sui principali network più ascoltati); oppure perché è riuscito da solo, investendo innanzitutto su se stesso, sia economicamente che mentalmente, a conquistarsi UNO PER UNO il proprio pubblico nei live disseminati per un po’ di anni in tutto lo Stivale, scegliendo con intelligenza (meglio con veri promoter e una squadra attorno)i posti “giusti” per sé, e quelli di buona e costante visibilità dal vivo, senza trascurare proprio nulla. Io sto cercando di andare a fatica su questa seconda strada, ma evidentemente serve ancora tempo e denaro: il cammino per dimostrare alla discografia che conta (tra l’altro ormai sull’orlo di un baratro)di avere il famoso “nutrito pubblico” è ancora da completare. Intanto, al di là di questi tristi discorsi, cerco di non perdere mai la bussola dello scrivere con sincerità tutto quello che ho dentro.

È vero che Andrea Scanzi è un fan delle tue canzoni?
E’ vero! Temevo parecchio la sua reazione al mio disco e il suo entusiasmo ha sorpreso me per primo, quattro anni fa, quando il 20 agosto 2010 uscì una sua bellissima recensione di “Asincrono” su La Stampa.it.  Anche se poi, chi lo conosce bene, sa che non è proprio capace, per sua natura, di fare sconti a nessuno, soprattutto poi a chi stima. E, se il secondo disco invece non dovesse affatto piacergli, credo ahimè che non esiterebbe a stroncarlo senza pietà.

Quindi stai lavorando ad un nuovo album?
Mi trovo verso la fine della fase compositiva (al pianoforte e alla chitarra), che è stata parecchio sfilacciata e discontinua, in questi quattro anni, per varie ragioni, tra cui anche gli ultimi gravi lutti familiari. Oltretutto amo scrivere quando davvero ho qualcosa da dire e non certo per il dovere di farlo. Insomma: concepisco il gettarsi nella composizione di musiche e testi solo quando l’esigenza di esternare è davvero reale, di pancia, perché pretendo estrema sincerità da me stesso, non sopporto le forzature.  In teoria le canzoni per un prossimo disco già ci sarebbero eccome, e da un sacco (almeno come numero di pezzi). Ma sto continuando a scrivere senza sosta, perché voglio attingere da una base di almeno 20-25 buoni brani per scegliere e delineare al meglio la silhouette della setlist finale”.

Hai recentemente scritto su Fb della scomparsa del tuo amato papà. Credi che questo si rifletterà nelle canzoni future?
Si sta già riflettendo molto. E la dedica del secondo disco a mio padre non sarà solo un atto formale o doveroso ma risentirà anche dell’intimismo spiccato dei testi che, al di là poi di come sarà modellato il puro aspetto musicale, caratterizzerà molto il mio futuro lavoro, certo di più di quanto successo con “Asincrono”.

Ti vediamo spesso suonare in giro per l’Italia. Che rapporto hai coi live?
Ottimo. Mi piace molto il contatto col pubblico. Sono un “timido estroverso” e di fatto scrivo canzoni per poterle portare in giro e per conoscere le persone. Il disco, oltre che come strumento di reale “archivio pubblico” di un proprio repertorio musicale (adoro la parola archivio, sono un patito), l’ho sempre visto come un supporto indispensabile per soddisfare il piacere di chi viene a sentirmi dal vivo. Speriamo che la gente continui ancora ad avere voglia di comprare dischi, perché io sono un tradizionale, da questo punto di vista, e vedrò sempre un disco come fosse un libro composto di vari capitoli”.

Ti regalo un fucile. Contro chi lo punti?
Sarebbe ora troppo banale e retorico uscire dai nostri discorsi musicali e sparare verso la politica, le guerre, l’economia, oppure verso generici comportamenti assunti dalle persone che nel quotidiano non apprezzo. Preferisco invece restare sul “pezzo” e finire parlando di musica. Io punto il fucile contro chiunque stia scorporando da decenni la musica (soprattutto la cosiddetta “leggera”) dal suo cruciale ruolo culturale all’interno della società. L’immeritato aggettivo “leggera”, nel tempo, davvero non ha giovato alla causa. E, in tempi di cambiamenti radicali delle forme di comunicazione e di forte crisi economica, quell’aggettivo ha fatto più danni di uno tsunami, al pari dell’eccessiva spettacolarizzazione televisiva. Perciò: bang!!.