E’ malata, la terra. Quella terra dei fuochi di cui più non si parla, ma che continua ad espandersi. Ad avvelenare e ad avvelenarsi. Arriva fino alle porte di Napoli l’emergenza Terra dei Fuochi.
L’esecutivo deve al più presto fare proprio il grido d’allarme lanciato dai comitati di cittadini di Caivano, secondo cui si ritiene fondato il rischio che l’aria contaminata possa estendersi ormai fino alla provincia partenopea e intensificare la mappatura della contaminazione causata da rifiuti sicuramente tossici ma purtroppo, in alcuni casi, anche radioattivi.
I cittadini, intanto, continuano ad ammalarsi. E a morire. Secondo uno studio presentato nei giorni scorsi dal dottor Luigi Costanzo nel distretto di Frattamaggiore, in provincia di Napoli, dal 2008 al 2012 sono salite di oltre il 300% le richieste di esenzione per tumore (tecnicamente chiamate «codice 048»).
Nell’interland napoletano l’emergenza è da tempo sfuggita di mano. E tutto questo si poteva prevedere, se si considera che i primi allarmi, rimasti inascoltati, furono lanciati addirittura nel 1996.
Ora che la situazione è precitata, oltre ad avere l’obbligo di intervenire repentinamente per salvaguardare la già compromessa salute di molti cittadini campani, lo Stato avrebbe il dovere di guardarsi allo specchio e di muoversi immediatamente per evitare che si creino vere e proprie tragedie umanitarie anche in altre zone d’Italia. Siamo sicuri che non ci sia già in attività un’altra terra dei fuochi, che in realtà deve solo essere scoperta?