Massimi Troisi. Basta il nome per regalare un sorriso fatto di divertimento e malinconia al tempo stesso. Sono passati 20 anni dal giorno in cui se ne andò.  L’ultimo film che lo ha visto protagonista è stato “Il postino”.  Otto anni dopo il trionfo de “L’ultimo imperatore” di Bernardo Bertolucci, nel 1996 un altro film italiano fu incluso tra i cinque candidati all’Oscar per la miglior pellicola della stagione.

Purtroppo, però, colui che aveva fortemente voluto quel lavoro, lo aveva interpretato e gli aveva dato l’anima non era più lì per godersi l’attenzione dei media e l’ammirazione dei cinefili di tutto il pianeta.

San Giorgio a Cremano, la  città natale di Massimo Troisi, lo ricorda con l’iniziativa “Nel segno di Massimo”, due giorni ricchi di eventi dedicati al grande attore, regista e sceneggiatore.

Sono, però, in tanti a voler celebrare questo genio dell’espressività che è riuscito a far ridere senza essere mai banale, a farsi capire pur scegliendo di esprimersi sempre in modo dialettale,  a far riflettere con uno sguardo, a recitare eppure a rimanere sempre  se stesso.

Padroneggiava la scena anche quando se ne stava per conto suo in silenzio, limitandosi a osservare, o a guardare di sottecchi, con quell’espressione mista tra curiosità, candore e divertimento che ancora oggi lo rende indimenticabile. Intelligente, profondo, ironico. Unico.

Riservato e al tempo stesso compagnone. Gentile, elegante, mai banale. Lontano dai locali patinati della ricchezza ostentata e volgare, serio, nel suo costante modo di scherzare. Così lontano dal mondo di oggi, fatto di soubrette inutili, comici che non fanno ridere, bori da due spicci che si atteggiano a grandi divi del cinema e del teatro.

Pensi a Massimo Troisi. Poi dai uno sguardo agli attori di oggi. Trovi poche, pochissime eccezioni. E dici: “Non ci resta che piangere”.