Mai più concorsi. Delusa e amareggiata dopo il susseguirsi di scandali e polemiche sul concorsone che ha visto partecipare oltre 50mila aspiranti professori, il ministro dell’Istruzione e dell’Università Stefania Giannini confessa attraverso le colonne de “L’Espresso” tutta la sua volontà di cambiamento: «L’aspetto peggiore della nostra università? La mentalità che definisco “tribale” di molti professori, che spesso si pongono come primo obiettivo la conservazione e lo sviluppo della propria specie. Io combatterò contro questa mentalità. Cambierò tutto».

L’impronta nuova del ministro Giannini si incentra essenzialmente sull’autonomia di reclutamento: «Il sistema della cosiddetta abilitazione scientifica nazionale va trasformato, reso più trasparente, mentre i concorsi locali vanno aboliti. Ogni università deve poter assumere i docenti che vuole. Chi assumerà parenti e ricercatori incapaci lo farà a proprio rischio e pericolo: gli atenei che produrranno poco subiranno ripercussioni economiche, gli taglieremo i fondi».

E così la riforma Gelmini, a nemmeno 4 anni dal suo varo, finirà presto nel dimenticatoio: «Non faremo un’altra riforma, ma cambieremo molte cose. I meccanismi di selezione dei nostri docenti negli ultimi vent’anni sono stati modificati ben quattro volte. Se le regole del gioco sono state corrette ad ogni lustro, i risultati sono sempre uguali: proteste, ricorsi al Tar, giudizi discutibili. Le regole del’abilitazione nazionale, per esempio, sono troppo complicate, il marasma normativo ha lasciato spazio all’opacità e declinazione impropria del sistema. Vorrei quindi creare commissioni permanenti per le varie discipline. I blocchi, come si è visto, producono fiumane di candidati e decine di migliaia di domande, gli esami diventano difficili e poco controllabili. Bisogna passare dalle “tornate concorsuali” a giudizi “a sportello”. Le commissioni, naturalmente, devono essere innovate dopo un certo periodo. Poi, dopo aver ottenuto l’abilitazione da parte della comunità scientifica di riferimento, il candidato potrà essere assunto».

 

E sul rischio di avanzamento dei soliti raccomandati a dispetto dei più preparati la Giannini è oltremodo chiara: «Se qualcuno decide di assumere al posto di uno scienziato capace un candidato meno bravo ma raccomandato, l’ateneo sarà duramente penalizzato sotto il profilo economico. A chi non raggiunge risultati sul profilo della ricerca e delle pubblicazioni, per dirla brutalmente, taglierò i soldi. Una cosa che non ha mai fatto mai nessuno. Gli strumenti normativi già esistono, ma finora non c’è stata la volontà politica di usarli».