Attore, regista, sceneggiatore e doppiatore. Sono molti i talenti di Pino Quartullo il cui viso il grande pubblico l’ha conosciuto grazie al successo di fiction come “Le ragazze di Piazza di Spagna”, Amiche mie” e la più recente “Distretto di Polizia”. Da giovedì prossimo fino al 18 sarà al Teatro Brancaccio di Roma in una commedia che vede nel cast anche Sabrina Ferilli e che presto sarà portata sul grande schermo da Francesca Archibugi.
Di che parla questo spettacolo?
In sintesi si può dire che è una lezione sulla famiglia. Succede un po’ a tutti di avere l’obbligo di riunirsi forzatamente coi parenti… con tutto quello che comporta. Tra opinioni politiche diverse, posizioni opposte e piatti di portata discutibili, mettiamo in scena una seduta collettiva familiare che a tratti è quasi terapeutica. Alcuni si potranno riconoscere nei personaggi. Molti altri, lo spero, si potranno consolare con chi sta peggio.
Hai firmato la regia di “Occhio a quei due”. Com’è lavorare con Lillo & Greg?
Tutto è partito dal fatto che sono sempre stato un loro fan agguerrito ed ho visto i loro spettacoli in stato adorante. Per questo la nostra collaborazione è stata proficua e mi ha fatto scoprire lati loro ancora più affascinanti.
Cioè?
Per esempio hanno una capacità di memorizzare i testi quasi da autismo e vivono le prove teatrali con la leggerezza tipica dei musicisti. Forse perché arrivano dall’esperienza della band Latte E I Suoi Derivati, sono del tutto lontani dagli schemi classici del teatro dove l’attore ha bisogno di tempo per interiorizzare il personaggio. Lavorare così è stato molto divertente.
Esiste quindi un teatro diverso? Magari per giovani?
Ma certo. Per fortuna i ragazzi non vedono più con diffidenza il teatro. Ora è possibile andarci per ridere e riflettere, grazie all’ironia, anche su temi importanti. A dire il vero è possibile anche appassionarsi ad una storia drammatica. L’importante è saper coinvolgere il pubblico, non farlo annoiare mai.
A proposito di ragazzi, cosa speri per tua figlia Emma?
Che non studi in fretta. Quando hai diciott’anni come lei vuoi solo finire il prima possibile per entrare concretamente nel mondo del lavoro e, invece, non ti rendi conto di quanto preziosa sia quella fase di vita. Dopo studiare sarà molto difficile se non impossibile per cui perché bruciare le tappe?
Tu di studio ne sai qualcosa. Ti sei anche laureato in Architettura.
Sì, come tesi avevo portato un progetto di un teatro. Ricordo con orrore che ho fatto tre nottate in bianco di fila per finire tutto in tempo e che poi sono comunque arrivato in ritardo ed ho dovuto aspettare la sessione successiva. Non solo. Nel frattempo l’Architetto Perugini, il mio relatore, era andato in pensione ed io ho dovuto usare tutte le mie doti istrioniche per cavarmela.
Stai lavorando anche con Margherita Buy. Di che si tratta?
Di un cortometraggio a cui tengo molto, “Io… Donna”. Ho tentato di raccontare la vita di una ragazza in venti minuti, da quando ero bambina ad ora. Ci voleva il talento e il fascino di Margherita Buy per riuscirci a pieno.