Carlo Petrini, dal palco di San Giovanni, si è lasciato andare a slogan più o meno condivisibili, probabilmente, anzi sicuramente, in buona fede.Ha urlato contro il razzismo, sbracciandosi per l’accoglienza degli immigrati, dicendo che chi è razzista è uno stupido, e chiosando con osannatissimo“siamo tutti Africani”.
Peccato che non gli abbiano ricordato un po’ di cose. Ad esempio, Petrini si è dimenticato che a sfruttare il martoriato continente africano c’è anche l’Eni, tra i maggiori sponsor del concerto che si è svolto ieri a Roma.
Eni che è stata accusata di aver messo in piedi comportamenti illegali al fine di ottenere appalti in Algeria attraverso la sua controllata Saipem.
Eni che in Nigeria è stata accusata addirittura di Ecocidio. Eni che proprio in Nigeria ha disseminato numerose torri di che sputano fuoco con l’obiettivo di tirare fuori petrolio con la tecnica del gas flaring.
Una metodologia di estrazione petrolifera che però provoca la dispersione di ingenti quantitativi di diossina, benzene e sulfuri, sostanze dannosissime non solo per la terra, ma anche per le falde acquifere.
Eni è la prima azienda petrolifera in Africa per produzione
Amnesty International Italia porta avanti da alcuni anni un dialogo con Eni, sviluppatosi sia attraverso una serie di incontri sull’impatto delle attività della compagnia petrolifera sui diritti umani delle comunità del delta del Niger, sia in qualità di operatore che come partner della joint venture guidata dalla Shell Petroleum Development Company e ritenuta dal Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite (Unep) responsabile per il disastro ambientale causato dal petrolio nell’Ogoniland, una zona del delta del Niger.
Il delta del Niger è minacciato anche da numerose fuoriuscite di petrolio. Finora il dialogo non è servito a molto e la popolazione del delta del Niger continua a morire a causa delle attività estrattive con la connivenza di miliziani e politicanti corrotti.
Meno parole. Più fatti. Please.