Il Tao è un’eterna lotta tra il bianco e il nero ma in mezzo ai due opposti può anche spuntare la vita. E così al centro della diatriba (in verità noiosa) tra Bollani ed Allevi si inserisce, come un ciuffo d’erba tra l’asfalto, la pianista Giulia Mazzoni. È giovane, molto giovane e il ciuffo biondo un po’ punkeggiante lo rivendica ma questo non mette in discussione un talento che in molti sottolineano. Nata a Prato nel 1989, infatti, la musicista di strada ne ha già fatta molta. L’occasione per scambiarci due chiacchiere, non a caso, è l’uscita dell’album “Giocano coi Bottoni”. Un traguardo che non tutti tagliano.
“Sono orgogliosa di esser riuscita a pubblicare un disco ma più che una vittoria su cui adagiarmi lo considero un punto di partenza per un percorso che devo ancora costruire con umiltà e fatica”.
In un mercato in crisi come quello musicale in Italia c’è dunque spazio e cultura per una pianista?
“Io credo di sì perché il pubblico cerca qualcosa di diverso e quindi capita che una proposta di nicchia diventi per molti. Essendo la mia musica strumentale, poi, c’è tutto lo spazio per poterci sognare dentro. Non è poco in un’epoca in cui fare viaggi con la testa è difficile”.
Sappiamo come ti sei avvicinata al pianoforte. Ci racconti, invece, come sei entrata in contatto con la casa discografica?
“Ho avuto la fortuna di studiare a Milano, al Conservatorio Verdi, e quindi di potermi inserire in una scena musicale che sicuramente era più attiva di quella di Prato, da cui arrivo. Là mi sono messa sotto a suonare e a spedire provini agli addetti. A sorpresa, Riccardo Vitanza è rimasto colpito dalle mie creazioni e mi ha proposto di iniziare una collaborazione”.
Il tuo esordio sta molto piacendo alla gente ma non mancano i detrattori come è successo anche ad Allevi. Perché c’è tutto questo accanimento che nel pop tradizionale invece non si riscontra?
“Perché nella musica strumentale gli spazi sono ancora di meno e, quindi, chi ce la fa genera molta invidia. Quando le critiche sono costruttive, le accetto ma spesso scadono nell’insulto personale ed allora le ignoro e tiro dritta per la mia strada”.
Effettivamente nella tua esibizione a Panorama ci sono andati giù pesante.
“Perché ho suonato con una tastiera e secondo alcuni era disdicevole. Io, invece, cerco di vivere la mia carriera con umiltà. Ho solo tanta voglia di suonare e la applico a qualsiasi strumento mi ritrovi tra le dita, che sia un pianoforte a coda o, appunto, una tastiera”.
Suonare al Concerto di Natale su Rai Due è stata più paura o più emozione?
“Un mix delle due cose. È impressionante dividere il palco con gente come Patti Smith ed Elisa. In quel caso il mio apporto è stato minimo perché ho eseguito un arrangiamento del Maestro Serio ma è stata comunque una notte magica”.
L’anno scorso hai vinto il Premio Ciampi nella categoria “Miglior cover di Piero Ciampi”. Il fatto di essere della stessa regione ha migliorato l’empatia?
“In qualche modo sì. Mio padre l’ha sempre ascoltato a casa ed io ci sono cresciuta. Ho mandato il provino senza troppa speranza tanto che, quando mi ha chiamato il Patron, credevo fosse qualche mio amico che faceva il cretino”.
Il nuovo singolo “Where and When” è una composizione dedicata al maestro Nyman. Ce ne parli di più?
“Dove e quando è il modo in cui terminiamo noi le nostre conversazioni. Siamo molto amici e ci fa piacere vederci ma lui vive tra il Messico e Londra ed organizzare un appuntamento non è mai così facile. Volevo che una canzone suggellasse questo nostro bel rapporto”.
Come vi siete conosciuti?
“Tramite un produttore amico in comune che gli mandò un mio brano, “La fabbrica delle illusioni”. Una mattina accendo il computer e trovo una sua mail. Pensavo al solito scherzo ma, quando è apparsa la sua faccia su Skype, ho capito che era tutto vero ed ho perso vent’anni di vita”.
Sei molto giovane ed hai un look che rispecchia la tua età. Credi sia un vantaggio o uno svantaggio per una pianista?
“Probabilmente la seconda cosa ma io sono così. Non sono un pinguino e non lo sarò mai, a meno che i pinguini non inizino ad indossare gli anfibi. La musica è verità e questa verità passa anche dall’immagine dell’artista. C’ho vent’anni, non voglio conciarmi in nessun altro modo”.
Informo i lettori (ed il sedicente “intervistatore” che non ha fatto una piega) che la valanga di commenti negativissimi (e di insulti) su Panorama non era dovuto all’utilizzo della tastiera al posto di un normale pianoforte. E chi scriveva non erano certo dei “puristi” della musica. Il motivo è la semplice, totale incapacità tecnica ed artistica di questo vuoto fenomeno, divenuto tale solo a suon di bigliettoni. Al concerto di Natale ha fatto solo finta di suonare (vedere il video su facebook “Fermiamo Giulia Mazzoni “) e il sedicente giornalista qui non ha fatto una piega. Questo ectoplasma platinato è il massimo esempio negativo di chi pretende di raccogliere senza aver seminato.
Ancora, è ambigua a proposito del Conservatorio Verdi di Milano (ha sempre affermato di essere ancora iscritta, non si sa a quale anno di corso, a Composizione. Ma si può studiare composizione solo dopo aver conseguito un diploma strumentale. E la Mazzoni non ha mai conseguito alcun diploma in pianoforte). Ed anche qui il “giornalista” non fa una piega!
Gentile Angelo,
credo sia giusto rispettare l’opinione di tutti ed infatti i suoi commenti sono regolarmente pubblicati. Non si capisce, però, la ragione per cui lei si senta in diritto di insultare il mio lavoro. Credo che in un’intervista si debba essere il più possibile fedeli a quanto dichiari l’artista. Era questo il mio compito lasciando ai lettori la scelta di fare o meno “una piega” sulle risposte. Non è un reportage, dove il giornalista ha l’obbligo di scavare alla ricerca della verità ma una finestra attraverso cui tutti possano guardare e dare giudizi. Purché in modo educato e nella consapevolezza dei ruoli. Lei sembra essere “il massimo esempio” di uno che ha smarrito entrambe queste cose.
Si può continuare a negare la realtà ma questa, prima o poi, si vendica…