L’Ucraina  è stata storicamente una delle Repubbliche federate dell’URSS. La sua indipendenza risale dunque soltanto al 24 agosto 1991, ovvero all’indomani della caduta del Muro di Berlino e alla fine della Guerra Fredda.

I legami con l’ex madrepatria sono continuati anche dopo l’indipendenza a causa del grande arsenale militare che vi era localizzato, arsenale a cui i russi non intendevano assolutamente rinunciare.

Come per tutti i paesi di nuova costituzione nati all’indomani della caduta del Muro di Berlino anche in Ucraina è forte il sentimento patriottico e nazionalista e una sorta di rivincita dopo i decenni di dominio sovietico ha portato alcuni partiti e un movimento d’opinione a desiderare uno sganciamento dalla politica di Putin e un graduale ma costante avvicinamento nei riguardi dell’Europa. L’Ucraina è un paese di oltre 45 milioni di abitanti, il 78,1% è costituito da ucraini anche se nel paese vive ancora un  17,3% di russi. La religione dominante è quella ortodossa ma curiosamente, a distanza di oltre vent’anni dall’indipendenza, ben il 42.5% della popolazione si dichiara non religiosa o atea a riprova della forte opera di laicizzazione condotta dal regime sovietico.

Nel 2004 con la guida della leader Julia Timoshenko le strade della capitale hanno visto la “Rivoluzione arancione” che puntava a democratizzare la vita politica. Dopo le elezioni del 2006, vinte dal leader filorusso Viktor Yanukovich, si sono registrate tensioni con l’allora Presidente della Repubblica e con la necessità di nuove elezioni nel 2007: queste furono vinte dalla stessa leader del partito filo occidentale Julia Timoshenko. A seguito di forti pressioni della Russia alle presidenziali del 2010 si è affermato nuovamente Viktor Yanukovich che è diventato Presidente, vanificando così i risultati della Rivoluzione arancione. La Timoshenko nel 2011 è stata condannata a 7 anni di carcere, una sentenza che lo scorso aprile la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha dichiarato illegale chiedendone l’immediata scarcerazione.

La scorsa settimana si è svolto a Vilnius un Vertice dell’Unione Europea con i sei paesi del partenariato orientale. L’Ucraina non ha siglato l’Accordo di Associazione poiché le pressioni della Russia al riguardo erano pesanti. Tra l’altro l’Unione Europea chiedeva a Kiev una significativa riforma della giustizia oltre all’immediata scarcerazione della Timoshenko. La mancata adesione all’Accordo di Associazione ha scatenato la reazione della piazza di Kiev che ha occupato il Municipio della capitale in una protesta che ha coinvolto 100.000 manifestanti pronti a chiedere una politica filo occidentale e una significativa emancipazione dalla politica della Russia.

Ci sono stati forti scontri tra manifestanti e polizia e il governo è stato sul punto di dichiarare lo stato di emergenza vietando nuovi cortei fino al prossimo gennaio. Il Presidente Janukovic ha cercato di sedare gli animi non escludendo un possibile futuro avvicinamento dell’Ucraina all’Unione Europea. Il nodo politico irrisolto è il forte legame economico con la Russia che è il principale fornitore di energia, in particolare di gas. Nella politica russa l’avvicinamento dell’Ucraina all’Europa ha fatto lievitare il prezzo del gas praticato all’Ucraina da Gazprom, la principale azienda russa fornitrice di gas, tariffando il gas da un prezzo politico di 50 dollari ad un prezzo di 230 dollari. Di conseguenza l’Ucraina ha aumentato il proprio debito verso la Russia.

Dal canto suo Putin ha dichiarato di accettare un rinvio dei pagamenti e di essere pronto a nuovi investimenti per garantire l’ammodernamento delle industrie di Kiev ma ha chiesto come contropartita l’allontanamento dell’Ucraina dall’Europa. Tutto dipende quindi dalla possibilità di investire in Ucraina da parte dell’Unione Europea, una problematica non agevolata dall’odierna crisi.

Maria Paola Pagnini e Silvio Berardi