Rodolfo ci racconti cosa è successo ieri sera: «Il corteo dei tifosi biancocelesti è partito molto tranquillo con circa 150 persone al seguito dal centro di Varsavia, la polizia polacca ha iniziato a scortarci quando eravamo nella zona dell’Hard Rock Cafè. Poi è successo qualcosa, qualcuno all’inizio del corteo ha tirato una bottiglia contro una camionetta della polizia. Da lì hanno iniziato a caricare i tifosi della Lazio, soprattutto quelli che guidavano il gruppo. Io per fortuna ero in mezzo al corteo, li abbiamo seguiti ma appena abbiamo girato l’angolo li abbiamo trovati nella via fermati dalla polizia. Erano stesi per terra a faccia in giù e ammanettati. Erano circa settanta o ottanta persone, io sono riuscito a defilarmi, ma ho visto scene terribili. La polizia ha iniziato a picchiarli, ma nessuno aveva coltelli come è stato raccontato dalle forze dell’ordine polacche»
Anche la sera precedente c’erano stati degli incidenti: «Sono arrivato giovedì, ma mi hanno raccontato che i tifosi del Legia Varsavia sono andati sotto l’albergo dei tifosi biancocelesti». Molti sono ancora in carcere,ma Rodolfo ha perso ogni contatto con loro dopo il rientro in Italia. «Sono ancora lì, non sono nemmeno riuscito a sentirli. Hanno passato la notte in cella e verranno processati per direttissima, dovranno pagare una cauzione di 500 euro per essere rilasciati poi le spese per il volo di ritorno. Abbiamo iniziato una raccolta fondi per aiutare chi è a Varsavia»
Sono stati coinvolti anche tifosi che non c’entravano niente: «Assolutamente sì, ci sono molte persone di 50-60 anni ma anche ragazzi di venti anni. Si sentivano le sirene spiegate, la polizia che usciva dai furgoni e si avvicinavano a noi. Per fortuna ero nel secondo gruppo e siamo riusciti a fuggire solo in quindici». Rodolfo non ha nemmeno visto la partita. «Io e molti altri come me non siamo andati allo stadio, il clima era assurdo, era troppo pericoloso. Quindi abbiamo deciso di tornare in albergo per sicurezza. Chi c’era nel settore ospiti però non ha esposto striscioni in segno di protesta e solidarietà, poi sono dovuti uscire a piccoli gruppi e costretti a salire in taxi. Non vedevo l’ora di tornare a casa”, scrive Il Tempo.