28 Apr, 2025 - 17:18

Chi ha ucciso Sergio Ramelli e che fine hanno fatto gli assassini?

Chi ha ucciso Sergio Ramelli e che fine hanno fatto gli assassini?

L’omicidio di Sergio Ramelli è uno degli episodi più emblematici e drammatici degli anni di piombo in Italia, simbolo della violenza politica che insanguinò il Paese negli anni Settanta. Ramelli, giovane studente milanese di 18 anni, militante del Fronte della Gioventù (organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano), fu aggredito brutalmente il 13 marzo 1975 sotto casa da un commando di militanti della sinistra extraparlamentare. Morì dopo 47 giorni di agonia, il 29 aprile 1975, a causa delle gravissime ferite riportate al capo.

Chi era Sergio Ramelli?

Sergio Ramelli era uno studente dell’ITIS Molinari di Milano. La sua “colpa”, agli occhi dei suoi aggressori, era l’appartenenza politica e un tema scolastico in cui aveva criticato le Brigate Rosse e la violenza politica, tema che divenne oggetto di scherno e lo rese bersaglio di continue vessazioni. Dopo mesi di minacce, insulti e aggressioni, il clima attorno a Ramelli si fece sempre più pesante, fino all’agguato mortale.

Quando e come è stato ucciso Sergio Ramelli?

Il 13 marzo 1975, verso le 13, Sergio Ramelli stava parcheggiando il motorino vicino casa, in via Paladini a Milano. Fu assalito da un gruppo di militanti di Avanguardia Operaia, armati di chiavi inglesi Hazet da 36 mm, pesanti oltre 3 kg. Marco Costa e Giuseppe Ferrari Bravo furono gli esecutori materiali: colpirono ripetutamente Ramelli al capo, mentre altri facevano da palo o da supporto logistico. L’aggressione fu interrotta solo dalle urla di una donna affacciata a un balcone, che mise in fuga gli aggressori. Ramelli fu soccorso e trasportato in ospedale, dove rimase in coma per 47 giorni prima di morire.

Chi furono gli assassini di Sergio Ramelli e a quale organizzazione politica appartenevano ?

Per oltre dieci anni, l’omicidio rimase senza colpevoli. Le indagini si arenarono in un clima di omertà e paura, aggravato dalla complicità di ambienti politici e sociali che tendevano a minimizzare o giustificare la violenza. Solo grazie alle dichiarazioni di alcuni pentiti di Prima Linea, nel 1985 i magistrati riuscirono a ricostruire la dinamica e individuare i responsabili. Il commando era composto da militanti del servizio d’ordine di Avanguardia Operaia, un’organizzazione della sinistra extraparlamentare milanese.

I principali imputati furono dieci, ma solo 6 di loro furono condannati. Alcuni imputati confessarono, altri si dichiararono estranei ai fatti. In sede processuale, molti ammisero la responsabilità e chiesero perdono alla madre di Ramelli, offrendo anche un risarcimento economico che fu rifiutato dalla famiglia.

Le condanne e la sorte degli assassini di Sergio Ramelli

Il processo si concluse solo nel 1987, dodici anni dopo i fatti. La giustizia arrivò tardi e, secondo molti, in modo parziale. La II Corte d’Assise di Milano condannò:

  • Marco Costa: 15 anni e 6 mesi di reclusione (esecutore materiale)
  • Giuseppe Ferrari Bravo: 15 anni (esecutore materiale)
  • Claudio Colosio: 15 anni
  • Antonio Belpiede: 13 anni
  • Brunella Colombelli: 12 anni
  • Franco Castelli, Claudio Scazza, Luigi Montinari: 11 anni ciascuno

Le pene furono ridotte grazie a indulti, benefici di legge e attenuanti generiche. Di fatto, molti degli imputati scontarono solo pochi anni di carcere effettivo. Alcuni, come Belpiede, hanno sostenuto di aver pagato più di altri e di essere stati coinvolti solo come “pali”, mentre i veri responsabili erano già liberi. Altri, dopo aver scontato la pena, hanno ripreso la loro vita professionale: uno dei condannati, ad esempio, è diventato primario ospedaliero a Milano.

Nel 1990, i condannati inviarono una lettera di scuse alla madre di Ramelli, dichiarando di non aver mai conosciuto la vittima e di aver agito solo per odio ideologico, senza immaginare un esito così tragico. La madre rifiutò sia le scuse sia il risarcimento.

La memoria e il significato

L’omicidio di Sergio Ramelli è diventato un simbolo della violenza politica degli anni Settanta e della difficoltà dello Stato italiano nel garantire giustizia e verità in tempi rapidi. Ogni anno la sua memoria viene celebrata con manifestazioni e commemorazioni, a testimonianza di una ferita ancora aperta nella storia italiana.

La vicenda di Ramelli resta un monito contro ogni forma di odio ideologico e violenza politica, e un richiamo alla responsabilità collettiva di non dimenticare le vittime di quegli anni bui.

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