Nel cuore della Città del Vaticano, la Cappella Sistina si prepara a vivere uno dei momenti più solenni e misteriosi della Chiesa cattolica: il Conclave. Quest’anno, tutti gli occhi sono puntati su Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, che presiederà le operazioni di voto per l’elezione del nuovo Pontefice. Ma chi è Pietro Parolin? E davvero chi presiede il Conclave può diventare Papa? Analizziamo il ruolo, la figura e le reali possibilità di ascesa al soglio pontificio di uno dei cardinali più influenti della Curia romana.
Nato a Schiavon, in provincia di Vicenza, il 17 gennaio 1955, Pietro Parolin è una delle figure più autorevoli della diplomazia vaticana. Ordinato sacerdote nel 1980, si è formato alla Pontificia Università Gregoriana, dove ha conseguito la laurea in Diritto canonico, per poi intraprendere una lunga carriera nel servizio diplomatico della Santa Sede. Ha operato come rappresentante pontificio in Nigeria, Messico e Venezuela, prima di essere nominato nel 2013 Segretario di Stato da Papa Francesco.
Nel 2014 è stato creato cardinale e, nel 2018, elevato all’ordine dei cardinali vescovi, il rango più alto all’interno del Collegio cardinalizio. Oggi Parolin è membro di numerosi dicasteri vaticani, tra cui quelli per la Dottrina della Fede, per i Vescovi e per le Chiese Orientali, oltre a far parte del ristretto Consiglio dei Cardinali che assiste il Papa nel governo della Chiesa.
La Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis stabilisce che a presiedere il Conclave sia il Decano del Collegio dei Cardinali, o in sua assenza il Vice Decano, o il cardinale più anziano tra gli elettori. Quest’anno, sia il Decano Giovanni Battista Re che il Vice Decano Leonardo Sandri hanno superato gli ottant’anni, perdendo così il diritto di voto e di presidenza effettiva in Conclave. Toccherà quindi a Pietro Parolin, per anzianità e ruolo, guidare i lavori dell’assemblea che eleggerà il nuovo Papa.
Chi presiede il Conclave ha compiti di grande responsabilità: dirige le operazioni, mantiene l’ordine, garantisce il rispetto delle regole e, soprattutto, pone la storica domanda all’eletto: «Accetti la tua elezione a Sommo Pontefice?» e «Con quale nome vuoi essere chiamato?». Tuttavia, la presidenza non preclude la possibilità di essere eletto: il presidente del Conclave è a tutti gli effetti un elettore e, se dovesse ottenere la maggioranza qualificata dei due terzi, potrebbe essere lui stesso a ricevere la chiamata al soglio pontificio.
Secondo diversi osservatori e analisti, Pietro Parolin è uno dei grandi favoriti di questo Conclave. Il suo nome circola con insistenza tra i cardinali elettori, forte di una base di circa 40 voti sicuri, un pacchetto iniziale che lo pone in vantaggio rispetto ad altri candidati. Per fare un confronto, Benedetto XVI partì con 47 voti alla prima votazione, mentre nel 2013 Angelo Scola ne ebbe 30 contro i 26 di Jorge Mario Bergoglio, poi eletto Papa Francesco.
La posizione di Segretario di Stato, tradizionalmente, è stata trampolino di lancio per alcuni papi del passato: Alessandro VII, Clemente IX e Pio XII furono eletti dopo aver ricoperto questo incarico. Tuttavia, la storia insegna anche che “chi entra Papa in Conclave ne esce cardinale”, a sottolineare l’imprevedibilità delle dinamiche interne e delle alleanze tra i porporati.
Il Conclave riunisce tutti i cardinali elettori sotto gli 80 anni – quest’anno sono 135, provenienti da 66 Paesi – che, isolati dal mondo esterno, votano a scrutinio segreto nella Cappella Sistina. Per essere eletti Papa, è necessario ottenere la maggioranza dei due terzi dei voti. In teoria, qualsiasi uomo battezzato e celibe può essere eletto, ma da secoli la scelta ricade sempre su un cardinale presente in Conclave.
Le votazioni si susseguono fino a quando non si raggiunge il quorum. Dopo la 33esima o 34esima votazione, si passa a un ballottaggio tra i due cardinali più votati, ma anche in questo caso serve la maggioranza qualificata. Una volta eletto, il nuovo Pontefice viene condotto nella cosiddetta “stanza delle lacrime” per indossare la veste bianca e prepararsi all’annuncio urbi et orbi.
Nonostante i pronostici, il Conclave resta un evento imponderabile, dove le variabili sono molteplici: provenienza geografica, sensibilità pastorali, alleanze e persino le ispirazioni dell’ultimo momento possono ribaltare qualsiasi previsione. L’attuale composizione del Collegio cardinalizio, meno eurocentrica e più “periferica”, riflette la volontà di Papa Francesco di dare voce alle Chiese di tutto il mondo.
Oltre a Parolin, tra i favoriti emergono Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, e Matteo Maria Zuppi, presidente della CEI e arcivescovo di Bologna, considerato il vero continuatore della linea pastorale di Francesco. Non mancano outsider stranieri come Péter Erdo, Willem Jacobus Eijk e Robert Francis Prevost.