28 Apr, 2025 - 07:10

25 aprile, tra sobrietà e nostalgie nere: a Dongo e Predappio un Paese diviso sulla memoria

25 aprile, tra sobrietà e nostalgie nere: a Dongo e Predappio un Paese diviso sulla memoria

Dopo che si è invitato a celebrare con "sobrietà" il 25 aprile, in Italia c'è ancora oggi chi scende in piazza per omaggiare il fascismo. Ed è proprio questa contraddizione a raccontare più di ogni altro discorso quanto la memoria democratica sia ancora fragile.

A Dongo, sul Lago di Como, nel giorno che ricorda la Liberazione dal nazifascismo, si è ripetuto uno spettacolo che sa di ferita aperta: un centinaio di neofascisti ha reso omaggio ai 15 gerarchi fascisti fucilati nel 1945. Poche ore dopo a Predappio - il paese natale di Benito Mussolini - si è svolta l'annuale commemorazione della sua morte.

Se da una parte si chiede rispetto per la sobrietà delle celebrazioni, sfruttando l'ombrello dovuto alla morte di Papa Francesco, dall'altro si tollerano - e a volte si normalizzano - riti nostalgici che guardano al fascismo senza vergogna.

Cos'è successo a Dongo e Predappio?

Il presidente dell'ANPI di Milano, Primo Minelli, è stato netto: "Non è folclore. Sanno di avere coperture politiche che tollerano quello che fanno. È vergognoso che tutto questo sia ancora permesso". Per lui - e non solo - permettere queste manifestazioni significa infangare la storia antifascista proprio nell'anno in cui si celebrano gli 80 anni dalla Liberazione.

Dongo e Predappio sono strettamente legati alla vicenda storica, umana e politica di Benito Mussolini. Per molto tempo si è creduto che il Duce fosse stato ucciso, insieme alla sua amante Claretta Petacci, nel primo paese (in realtà è stato a Giulino di Mezzegra), mentre nella cittadina romagnola nacque nel 1883.

A Dongo, come accennato, un centinaio di neofascisti ha sfilato in camicia nera e con fiori rossi. Un fatto che ha richiamato, poco più in là, centinaia di cittadini organizzati dall'ANPI, che hanno risposto intonando "Bella Ciao", a difesa della memoria della Resistenza.

A Predappio si sono presentate invece circa 150 persone, molte delle quali in camicia nera, che hanno marciato fino al cimitero di San Cassiano, fra vessilli della Repubblica Sociale Italiana e preghiere del Legionario.

Per evitare polemiche e strumentalizzazioni, quest'anno non è stato fatto alcun saluto romano ufficiale: la mano portata sul cuore è stato il gesto scelto. Ma il richiamo ideologico e la simbologia restano fortissimi.

Braga (PD): "Atti neofascisti da respingere, Piantedosi chiarisca"

La deputata del Partito Democratico Silvia Roggiani ha parlato di "una ferita gravissima alla mostra memoria democratica" e ha ricordato come il rifiuto dei valori di libertà, di giustizia e uguaglianza non sia mai stato un gesto isolato, ma un segnale pericoloso. In qualche modo le hanno risposto a distanza le pronipoti di Mussolini, Orsola e Vittoria, che hanno rivendicato il ruolo storico del Duce e della RSI, sostenendo che "la Repubblica Sociale non ha mai dichiarato guerra a nessuno, ha solo difeso la patria".

Presente al presidio antifascista organizzato dall'ANPI a Dongo, la capogruppo alla Camera per il PD Chiara Braga ha duramente criticato l'accaduto: "Chiediamo al ministro Piantedosi di riferire su quanto accaduto a Dongo e chiarire le modalità con cui è stata autorizzata una manifestazione che palesemente inneggia al fascismo".

In parallelo, cresce il numero dei comuni che decidono di revocare la cittadinanza onoraria che venne conferita a Mussolini fra il 1923 e il 1924. Com'è accaduto a San Clemente presto accadrà anche a Riccione, dove la proposta è già ordine del giorno. 

La sindaca di San Clemente, Mirna Cecchini, ha rivendicato la decisione: "Stiamo dalla parte giusta della storia", motivando una scelta che punta a ristabilire un chiaro giudizio storico sul fascismo. Non tutti però la vedono così: Edda Negri Mussolini, nipote del Duce, ha bollato la decisione come "uno spreco di soldi", accusando i promotori di voler cancellare la storia.

Una Festa della Liberazione "sobria" solo per alcuni

In tutto questo, il richiamo istituzionale a un 25 aprile "sobrio" suona quantomeno stonato. Sobrietà sì, ma di fronte a cosa o in nome di quale principio? Mentre si chiedeva agli antifascisti di "non dividere il Paese" e di abbassare i toni (anche perché di mezzo c'è stato il funerale di Papa Francesco), a Dongo si permetteva ancora una volta la parata di chi inneggiava a una dittatura che ha causato ingiustizie, morti e distruzioni in Italia.

Mentre si invitava alla compostezza, a Predappio si sfilava tra labari dello stato-fantoccio della RSI e si rivendicavano gli ideali di chi collaborò - perché costretto o per scelta - con i nazisti. La memoria e la storia, di cui tanti si riempiono la bocca, significano quindi anche responsabilità.

La Resistenza e la festa del 25 aprile non sono soltanto pagine di storia: sono patti civili che indicano da che parte stare. La "Liberazione è divisiva solo se sei fascista", recita un mantra molto di moda di questi tempi: così facendo, molti si dimenticano che la storia può tornare a bussare alle nostre porte in modi più subdoli, più difficili da riconoscere e con linguaggi nuovi e cool.

Chi poi si permette di dissentire anche in modo garbato, come successo alla panetteria di Ascoli, viene subito additato come disturbatore. C'è qualcosa di profondamente sbagliato nell'equivalenza implicita che mette sullo stesso piano chi celebra la Liberazione e chi omaggia chi ha negato quella libertà.

I tre punti salienti dell'articolo

  • Dongo e Predappio: durante il 25 aprile, a Dongo e Predappio si sono svolte manifestazioni neofasciste, con camicie nere, simboli della RSI e marce nostalgiche, che hanno infangato il significato della Liberazione proprio nell'anno dell'80º anniversario.

  • Reazioni e condanne: ANPI e Partito Democratico hanno denunciato questi atti come una grave offesa alla memoria democratica. Alcuni comuni, come San Clemente e Riccione, hanno avviato l'iter per revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini.

  • Memoria selettiva: mentre si chiedeva "sobrietà" per rispetto del lutto nazionale (la morte di Papa Francesco), si tolleravano manifestazioni nostalgiche del fascismo, evidenziando una memoria democratica ancora fragile e spesso strumentalizzata.

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