Virginia Giuffrè, la donna che più di ogni altra ha incarnato la lotta contro il traffico sessuale orchestrato da Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell, è morta suicida all’età di 41 anni nella sua casa in Australia.
La sua scomparsa, annunciata dalla famiglia e confermata dalle autorità australiane, ha scosso profondamente l’opinione pubblica internazionale, riaccendendo i riflettori su una vicenda che ha segnato la storia recente della giustizia e dei diritti delle vittime di abusi sessuali.
Nata negli Stati Uniti nel 1983, Virginia Louise Roberts (poi Giuffrè dopo il matrimonio) è diventata nota come la principale accusatrice di Jeffrey Epstein, il finanziere americano morto in carcere nel 2019 mentre era in attesa di processo per traffico sessuale di minori.
Giuffrè ha avuto il coraggio di rendere pubblica la sua identità e la sua storia, accusando non solo Epstein e la sua collaboratrice Ghislaine Maxwell, ma anche figure di spicco come il principe Andrea d’Inghilterra, che ha poi evitato il processo civile pagando un risarcimento multimilionario.
Negli anni, Giuffrè è diventata una paladina per le altre vittime, fondando l’associazione Victims Refuse Silence (poi SOAR) e offrendo sostegno a chi, come lei, aveva subito abusi e tratta sessuale.
La notizia della sua morte è stata diffusa il 26 aprile 2025. Secondo quanto riferito dalla famiglia, Virginia si è tolta la vita nella sua abitazione a Neergabby, nella regione di Perth, Australia occidentale, dove viveva con i tre figli e il marito Robert, da cui si era separata da poco.
La polizia australiana, intervenuta sul posto, ha dichiarato che la morte di Giuffrè non presenta elementi di sospetto: "La morte è oggetto di indagine da parte degli investigatori della Major Crime, ma i primi rilievi indicano che il decesso non è sospetto". La famiglia ha descritto Virginia come una "feroce guerriera nella lotta contro gli abusi sessuali", sottolineando che "il prezzo di questi abusi è diventato insopportabile".
Tre settimane prima del suicidio, Giuffrè aveva pubblicato su Instagram un post drammatico: raccontava di essere rimasta gravemente ferita in un incidente stradale, investita da un autobus mentre era in auto.
Nella foto, appariva coperta di lividi in un letto d’ospedale e spiegava di essere entrata in insufficienza renale, aggiungendo che i medici le avevano dato solo quattro giorni di vita.
Tuttavia, la polizia australiana ha poi chiarito che l’incidente era stato classificato come "minore" e che non risultavano feriti gravi, anche se la famiglia ha confermato che Virginia era stata effettivamente ricoverata per complicazioni successive.
La morte di Giuffrè ha suscitato un’ondata di commozione e cordoglio. Il suo avvocato, Sigrid McCawley, l’ha definita "una cara amica e una paladina per le altre vittime", sottolineando come il suo coraggio abbia ispirato molte persone a denunciare e a lottare per la giustizia. La sua agente ha ricordato la dedizione di Virginia verso i figli e gli animali, e la sua profonda empatia verso il prossimo.
La famiglia, nel comunicato ufficiale, ha ribadito il peso insopportabile degli abusi subiti e il ruolo centrale che Giuffrè ha avuto nel portare alla luce il sistema criminale di Epstein e Maxwell. La sua testimonianza fu infatti determinante sia per la condanna di Maxwell a 20 anni di carcere nel 2022, sia per il risarcimento ottenuto dal principe Andrea.
Nonostante la polizia abbia escluso elementi di sospetto, la morte di Virginia Giuffrè non poteva che sollevare interrogativi e speculazioni, vista la sua posizione di rilievo in uno dei più grandi scandali di abusi sessuali degli ultimi decenni. La tempistica, le condizioni di salute precarie dopo l’incidente e il suo ruolo di testimone chiave contro potenti personaggi hanno alimentato il dibattito pubblico, anche se al momento non sono emersi elementi concreti che indichino un coinvolgimento esterno.
Virginia Giuffrè lascia tre figli – Christian, Noah ed Emily – e un’eredità morale che va oltre la cronaca giudiziaria. La sua storia ha contribuito a rompere il silenzio su una rete di abusi che coinvolgeva l’élite internazionale, dando voce a chi, troppo spesso, resta invisibile.
La sua morte rappresenta una sconfitta per tutti coloro che hanno sperato in un percorso di giustizia e guarigione per le vittime di abusi, ma anche un monito sulla necessità di non abbassare mai la guardia nella tutela dei più vulnerabili.
"Alla fine il peso degli abusi è così pesante che per Virginia è diventato insopportabile gestirlo", ha dichiarato la famiglia, ricordandone "l’incredibile coraggio e lo spirito amorevole".
La scomparsa di Virginia Giuffrè chiude un capitolo doloroso, ma lascia aperto il compito di continuare la sua battaglia, affinché nessuna vittima sia più costretta a portare da sola il peso insostenibile dell’ingiustizia.