Un dolore improvviso, lancinante, ha colpito l’intera famiglia dell’U.S. Lecce. Alle 12:24 di ieri è arrivata la comunicazione ufficiale della società: Graziano Fiorita, storico fisioterapista del club, è venuto a mancare. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno per l’ambiente giallorosso, che si è trovato a dover fronteggiare una perdita non solo professionale, ma profondamente umana. Fiorita, padre di quattro figli, era un punto fermo dello staff medico da oltre vent’anni, un uomo apprezzato per la sua competenza, ma soprattutto per la sua umanità, la discrezione e la disponibilità con cui si metteva al servizio degli altri.
Tanti calciatori, attuali ed ex, lo hanno ricordato sui social con parole toccanti, definendolo non solo un professionista esemplare, ma un amico, un fratello, quasi un secondo padre. In segno di lutto e rispetto, la squadra ha deciso di interrompere immediatamente il ritiro in corso a Coccaglio, in provincia di Brescia, e fare ritorno in Salento. Il club ha subito chiesto il rinvio del match previsto contro l’Atalanta, inizialmente in programma per venerdì sera al Gewiss Stadium, ma il verdetto non è stato gradito dalla società e dai tifosi.
La Lega Serie A ha accolto la richiesta di rinviare la partita, ma la nuova data fissata ha generato un’ondata di malcontento. Il match, infatti, è stato riprogrammato per domenica sera, a soli due giorni di distanza dalla data originaria. Una decisione che ha lasciato esterrefatti non solo i dirigenti del Lecce, ma anche i tifosi, che si sono subito riversati sui social per esprimere rabbia e delusione. In tanti si sarebbero aspettati un rinvio più ampio, che permettesse alla squadra di elaborare un lutto così grave, di riassestarsi mentalmente e di recuperare una parvenza di serenità.
Invece, la Lega ha motivato la decisione con la necessità di tutelare la regolarità del campionato. Un argomento che, in questo caso, appare quanto meno cinico. I giocatori del Lecce si trovano oggi in una condizione psicologica precaria, scossa dalla tragedia, e nei prossimi giorni dovranno partecipare al funerale di Fiorita, un evento che inevitabilmente lascerà ulteriore peso emotivo.
Pensare di mandarli in campo domenica, come se nulla fosse, significa ignorare la dimensione umana del calcio, riducendo tutto a numeri, punti e classifiche. Il club, con fermezza, ha fatto sapere di non avere intenzione di riprendere gli allenamenti e, al momento, di non voler scendere in campo nella data stabilita.
Quella contro l’Atalanta non è una partita qualsiasi. È una delle trasferte più complesse del campionato, contro una squadra in piena corsa per l’Europa, capace di mettere in difficoltà qualsiasi avversaria. Per il Lecce, che sta lottando per non retrocedere, ogni punto è fondamentale, e ogni partita deve essere preparata con la massima attenzione. Ma come si può pensare di affrontare un impegno così delicato in uno stato mentale devastato?
I calciatori sono professionisti, certo, ma sono anche esseri umani. La perdita di una figura come Graziano Fiorita ha colpito nel profondo l’intero gruppo, spezzando un equilibrio costruito giorno dopo giorno. La sua presenza silenziosa ma costante rappresentava un ancoraggio emotivo per tanti. Ora, quel riferimento non c’è più, e il vuoto è palpabile. Giocare domenica significherebbe non solo affrontare un avversario forte e motivato, ma farlo senza la testa, senza la forza mentale necessaria, e con il dolore ancora vivo. In un contesto simile, il rischio di crolli emotivi è altissimo, così come quello di compromettere ulteriormente una classifica già precaria.
Il calcio non può e non deve dimenticare l’umanità che c'è dietro. Di fronte alla morte, tutto dovrebbe fermarsi. Le regole del calendario, l’equilibrio del torneo, le esigenze televisive: nulla può valere quanto la dignità e il rispetto per chi soffre. La scomparsa di Graziano Fiorita ha colpito nel profondo non solo una società, ma un’intera comunità sportiva. Non si tratta solo di rinviare una partita, ma di riconoscere la necessità di elaborare un lutto, di dare tempo a chi resta per piangere e, poi, ripartire.