23 Apr, 2025 - 11:28

Chi è Don Giulio Mignani e perché ha lasciato la Chiesa? Biografia del parroco pro LGBT

 Chi è Don Giulio Mignani e perché ha lasciato la Chiesa? Biografia del parroco pro LGBT

Don Giulio Mignani è stato per anni una delle voci più originali e controcorrente del clero ligure, noto per le sue posizioni di apertura sui temi sociali e civili e per il suo impegno a favore di una Chiesa più inclusiva. La sua storia personale e il suo percorso spirituale hanno recentemente raggiunto un punto di svolta radicale: non solo ha lasciato il sacerdozio, ma ha scelto di uscire completamente dalla Chiesa cattolica, chiedendo persino di non essere più considerato tra i battezzati. Una decisione che ha suscitato grande clamore e che segna una frattura profonda con l’istituzione ecclesiastica.

Don Giulio Mignani: origini e posizioni

Don Giulio Mignani è stato parroco di Bonassola, piccolo centro della provincia della Spezia, e di altre comunità dello spezzino come Montaretto, Framura e Castagnola. La sua figura è diventata nota a livello nazionale per le sue posizioni progressiste su temi come i diritti delle persone LGBTQIA+, l’eutanasia, l’aborto e il fine vita. Mignani ha sempre sostenuto la necessità di una spiritualità inclusiva, capace di accogliere la diversità e di dialogare con la società contemporanea, anche a costo di entrare in conflitto con la dottrina ufficiale della Chiesa.

Nel 2022, a causa delle sue “esternazioni pubbliche non conformi all’insegnamento del Magistero”, la diocesi della Spezia, Sarzana e Brugnato, guidata dal vescovo Luigi Ernesto Palletti, lo ha sospeso “a divinis”. Questo provvedimento gli ha impedito di celebrare messa, confessare e amministrare i sacramenti, lasciandolo formalmente sacerdote ma privo di ogni funzione pubblica. La sospensione, come spiegato dalla diocesi, non era una scomunica né una dimissione dallo stato clericale, ma una misura per richiamare il sacerdote alla “fedeltà dell’insegnamento del Magistero”.

Le ragioni della rottura con la Chiesa

La decisione di Don Giulio Mignani di lasciare la Chiesa non è stata improvvisa, ma il risultato di un lungo travaglio interiore durato oltre due anni e mezzo. In una lettera aperta al vescovo Palletti, Mignani ha spiegato pubblicamente le motivazioni che lo hanno portato a questa scelta definitiva. Al centro della sua riflessione c’è il rifiuto di una Chiesa che considera dogmatica, autoritaria e incapace di confrontarsi con le sfide del mondo moderno.

Mignani ha dichiarato di non credere più al valore “ontologico” del battesimo, che vede ormai come un semplice rito di appartenenza istituzionale, e di non riconoscersi più in una Chiesa che si considera “unica detentrice e distributrice di verità e di salvezza”. Nella sua lettera, ha scritto:

“Non posso più definirmi cristiano, ma forse ‘gesuano’, perché la figura di Gesù ha ancora un valore nella mia vita”.

Durante la Quaresima, Mignani ha maturato la convinzione che la struttura gerarchica della Chiesa renda impossibili quei cambiamenti che avrebbe auspicato, soprattutto riguardo alla teologia morale e all’apertura verso le nuove acquisizioni delle scienze umane e del pensiero scientifico. Ha criticato la mancanza di ascolto, dialogo e accoglienza, denunciando la “mancanza di una Chiesa madre e famiglia aperta al confronto fraterno”.

Il disagio verso la dottrina cattolica, secondo Mignani, non nasce solo dalle questioni morali, ma anche dal modo dogmatico e autoritario con cui vengono trattati i temi più delicati, senza possibilità di discussione o di reale confronto. Ha sottolineato la necessità di seguire la propria coscienza e di rispondere prima di tutto alle esigenze della logica, della ragione e della compassione umana, piuttosto che a un’obbedienza acritica verso l’autorità ecclesiastica.

Un percorso di fede oltre la Chiesa

Nonostante la rottura con l’istituzione, Don Giulio Mignani non rinnega la propria spiritualità. Anzi, rivendica la scelta di restare “un uomo di fede”, pur non potendosi più definire cristiano secondo i canoni della Chiesa cattolica. Preferisce parlare di sé come di un “gesuano”, riconoscendo l’importanza della figura storica di Gesù come riferimento etico e spirituale, ma rifiutando l’elaborazione dottrinale che la Chiesa ha costruito nei secoli.

Dopo la sospensione, Mignani ha continuato a impegnarsi nel sociale, collaborando con cooperative e partecipando a gruppi parlamentari sui diritti fondamentali della persona. Ha inoltre espresso il desiderio di continuare a prendersi cura degli altri, anche fuori dai confini ecclesiastici, attraverso il volontariato e l’attività educativa.

Un caso che divide e fa riflettere

La vicenda di Don Giulio Mignani ha sollevato un ampio dibattito sia all’interno che all’esterno della Chiesa. Da un lato, molti fedeli e sacerdoti hanno espresso solidarietà e sostegno alle sue posizioni, riconoscendo il valore di una Chiesa più aperta e inclusiva. Dall’altro, la Curia ha ribadito la necessità di fondare la vita e il ministero sulla Parola di Dio, sulla Tradizione e sul Magistero, ritenendo inaccettabile ogni forma di relativismo dottrinale.

Mignani stesso ha raccontato di aver ricevuto messaggi da giovani e adulti di tutta Italia, che gli hanno confidato di aver ritrovato speranza e fiducia grazie alle sue parole e al suo esempio di apertura. Allo stesso tempo, ha sottolineato come la paura di esporsi e di perdere il proprio ruolo sia ancora molto diffusa tra i sacerdoti che condividono le sue idee, ma che preferiscono restare “sul filo” per non rischiare la sospensione.

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