Alzi la mano chi, al mattino, non ha mai sentito il profumo di caffè uscire da una moka. Simbolo dell'italianità del mondo al pari della moda o delle automobili sportive, oggi quell'aroma familiare prende la direzione della Cina. La storica Bialetti, fondata nel 1933, è stata acquistata per il 78,56% dalla lussemburghese Nuo Capital, holding finanziaria controllata dal magnate cinese Stephen Cheng.
Una transazione di oltre 42 milioni di euro e che si concluderà entro giugno 2025. Tutto questo accade mentre il governo Meloni sventola con orgoglio la bandiera del Made in Italy e la premier regala un barattolo di Nutella al Re Carlo III, come omaggio dell'eccellenza tricolore.
Perché il punto è semplice: il Made in Italy non si difende con i premi, si difende con le politiche, come affermano polemicamente Carlo Calenda e Matteo Renzi. E la moka che borbotta non ha bisogno di retorica: vuole solo restare italiana.
Il 15 aprile, mentre l'acquisizione di Bialetti rimbalzava sui principali organi e agenzie di stampa, il governo Meloni celebrava con entusiasmo il Comitato Leonardo, iniziativa che da 20 anni celebra e premia l'eccellenza industriale italiana. Tra gli ospiti c'erano anche il vicepremier e ministri Antonio Tajani e Adolfo Urso, quest'ultimo titolare proprio del dicastero rinominato "delle Imprese e del Made in Italy".
Giorgia & Nutella ????????❤️
— Christian Ricchiuti ???????? (@ChrisRicchiuti) April 15, 2025
Viva il #MadeInItaly pic.twitter.com/8cw4CAbRmo
Meloni ha premiato Giovanni Ferrero, ricordando quando ha regalato un barattolo di Nutella al Re Carlo III durante la sua visita ufficiale in Italia. La premier avrebbe addirittura regalato al sovrano britannico anche un "biglietto di istruzioni" per capire il sentiment dietro al consumo della crema spalmabile italiana più famosa nel mondo:
Un gesto simpatico e simbolico, certo, ma che nasconde una realtà di politica industriale ben più dura: mentre il Made in Italy viene omaggiato nei salotti istituzionali, nei bilanci aziendali e nei registri delle Camere di commercio il tricolore svanisce. Il paradosso è evidente anche nelle parole dello stesso ministro Urso, che pochi giorni fa si diceva preoccupato per la possibile invasione di prodotti asiatici sul mercato.
Ma quando si tratta di difendere le nostre aziende, la linea si fa più vaga. L'abuso che secondo alcuni il governo avrebbe fatto del golden power (l'acquisizione statale di azioni di aziende ritenute strategiche per gli interessi nazionali) sembra aver allontanato diversi investitori, mentre chi tratta di commercio e di politica estera sembra non avere una chiara strategia per affrontare i dazi statunitensi o l'interesse non certamente gratuito dello stato cinese.
Il quadro complessivo è desolante. Negli ultimi due anni la produzione industriale italiana ha subito una contrazione costante. Eppure, il governo continua a raccontare una narrazione che non regge alla prova dei fatti. I fondi per l'industria sono pochi e mal distribuiti, il PNRR non ha avuto l'impatto strutturale sperato sul rilancio produttivo, e le politiche industriali sembrano ridursi a vetrine mediatiche più che a strategie sul lungo periodo.
Ieri Giorgia Meloni si è confermata L’Influencer numero 1. Anziché spiegare il maxibuco miliardario prodotto all’INPS dai condoni della Lega o i ritardi di Urso su Transizione 5.0, la Premier ha affascinato gli imprenditori con la storia del barattolo di Nutella per Re Carlo.…
— Matteo Renzi (@matteorenzi) April 16, 2025
Le aziende più deboli, nel frattempo, diventano prede appetibili per investitori stranieri, spesso attratti non soltanto dal know-how italiano, ma anche dalla forza evocativa dei nostri marchi nel mondo. E quando questi marchi passano di proprietà, non basta l'etichetta di "Made in Italy" a garantirne qualità, valore o identità.
La cessione di Bialetti non è un'eccezione. Fondata da Alfonso Bialetti nel 1933 a Omegna, l'azienda ha portato la moka nelle case di tutta l'Italia e poi di tutto il mondo. L'omino con i baffi disegnato da Paul Campani è diventato una vera e propria icona pop e del design italiano, associato alla Vespa o alla 500. Nel corso degli anni però la concorrenza anche delle macchinette da caffè elettriche ha portato la Bialetti a una profonda crisi economica, costringendo il gruppo nel 2021 a una ristrutturazione del debito.
Bialetti diventa cinese #16aprile #Bialetti pic.twitter.com/MapBPhlWOh
— Gnola (@GnolaRoma) April 16, 2025
Un sacco di chiacchiere. Caro @adolfo_urso chiudi transizione 5.0 e ripristina industria 4.0 come ti abbiamo detto dal primo giorno in cui hai varato una misura inutilizzabile. E datti una mossa, dopo 25 mesi di calo di produzione industriale la fuffa sta a zero. pic.twitter.com/o7rnYBAii9
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) April 11, 2025
Il risultato di oggi, però, porterà la Bialetti in una holding estera. E non una qualunque: Nuo Capital è partecipata, tra gli altri, anche da Exor della famiglia Agnelli-Elkann e da Wolrd-Wide Investment Company Limited della famiglia Pao-Cheng di Hong Kong. Secondo le dichiarazioni ufficiali, il nuovo corso poterà internazionalizzazione e innovazione, ma lo storico stabilimento di Ornavasso verrò chiuso e la sede operativa sarà spostata all'estero.
Secondo una mappatura realizzata nel 2023 da Milano Finanza, sono oltre 400 le aziende italiane rilevate da investitori cinesi negli ultimi anni. Qualche esempio? Il marchio di pneumatici Pirelli è stato acquistato da ChemChina nel 2015, la catena di distribuzione Trony ha visto l'ingresso del fondo cinese di Suning, lo storico produttore di yatch Ferretti Group ha ceduto il 13% al gruppo statale cinese Weichai.
Il capitalismo cinese - spesso di Stato - ha obiettivi strategici ben precisi: acquisire marchi, tecnologie, reti distributive. E l'Italia è uno dei paesi più esposto in Europa. Secondo il China Global Investment Tracker, la Cina ha investito oltre 23 miliardi di dollari in Italia tra il 2005 e il 2022.
Bialetti passa ai cinesi: lo storico marchio italiano della moka è stato acquistato per il 78,56% dalla holding lussemburghese Nuo Capital, controllata dal magnate cinese Stephen Cheng. L'acquisizione vale oltre 42 milioni di euro e sarà completata entro giugno 2025.
Made in Italy, retorica vs realtà: mentre il governo Meloni celebra il Made in Italy tra premi e un barattolo di Nutella regalati a Re Carlo III, mancano politiche industriali efficaci. Le critiche di Calenda e Renzi sottolineano il divario tra narrativa istituzionale e crisi industriale.
Il rischio della svendita strategica: la Bialetti non è un caso isolato: negli ultimi anni oltre 400 aziende italiane sono state acquisite da investitori cinesi. Il Made in Italy è sempre più esposto a operazioni di mercato che minano l’autonomia industriale nazionale.