È il caso di dire che sulla testa della ministra Daniela Santanché rischia di cadere una nuova tegola. L'ultimo scandalo - o presunto tale - che la riguarda, infatti, verte su un restyling della sua villa in Versilia. Almeno per ora, però, l'esponente del governo Meloni deve difendersi dall'accusa non di una Procura, bansì del Fatto Quotidiano.
Il giornale diretto da Marco Travaglio le imputa sostanzialmente due cose: la prima di aver fatto dei lavori edilizi abusivi nella sua villa in Versilia. La seconda è che quei lavori voleva pagarli per quasi tre quarti con denaro non suo. Di chi allora? Di Visibilia, la società finita in liquidazione giudiziale e all'origine dei suoi grattacapi politici.
Nicola Borzi e Thomas Mackinson ricostruiscono nei dettagli quello che potremmo definire il villa-gate. Secondo i due cronisti, la Pitonessa, per i lavori di ristrutturazione della sua villa in Versilia, "non ha pagato quasi nulla":
Nello specifico, la villa in questione si trova a Marina di Pietrasanta, in provincia di Lucca. La ministra, nel 2014, l'ha donata al figlio Lorenzo Mazzaro e "ristrutturata con una lunga lista di abusi edilizi che sono valsi una rivalutazione a quasi 4 milioni".
Ora, ciò che si imputa a Daniela Santanché però è che a pagare 145 mila euro per le migliorie della casa avrebbe dovuto essere Visibilia srl. Altri 55 mila euro sarebbero stati di tasca del figlio.
Il 5 novembre 2014, secondo la ricostruzione del Fatto, la Square Garden, la ditta di costruzioni, manda una prima mail in cui rendiconta a Visibilia i lavori effettuati. Il 30 novembre, invece, dettaglia gli accordi di pagamento:
A questo punto, gli acconti pagati a Square Garden sono stati due. Il primo di 55 mila euro (da Lorenzo Mazzaro). L'altro di 21.360 euro. Rimanevano da saldare altri 123.500 euro a carico di Visibilia.
Ma quali erano i patti? 70 mila euro volevano essere cambio merce sotto forma di pubblicità per Square Garden sul mensile Ville e giardini (di cui Santanché era editrice) e 30 mila in contanti
evidenziano i cronisti del Fatto, secondo cui in questa partita ha giocato un ruolo anche un'altra società della Santanché, anch'essa posta in liquidazione: Bioera. Quest'ultima, infatti, deteneva il 40% di Visibilia.
E così: proprio come se fosse una Procura, i redattori del Fatto Quotidiano hanno elencato tutte le diverse ipotesi di illecito, civilistiche concorsuali e penali, che potrebbero scattare ai danni di Daniela Santanché: abuso di potere, conflitto di interessi, violazione dei doveri degli amministratori, distrazione di fondi sociali. Per non parlare, nel penale, di bancarotta fraudolenta per distrazione, appropriazione indebita e falso in bilancio.
Sono queste le accuse del "tribunale" del Fatto Quotidiano, per così dire.
E come in ogni tribunale che si rispetti, il Fatto si è procurato anche la sua testimonianza. Ha intervistato anche l'altro protagonista della storia, il creditore (o pressunto tale): Michele Mascio, il titolare della ditta che ha fatto i lavori a casa Santanché:
Il committente era Visibilia srl. Ma la ditta è stata pagata?