I requisiti di accesso alla Naspi nel 2025 sono cambiati, diventando molto più stringenti e restrittivi, e rendendo più difficile ottenere l’indennità.
L’Inps eroga la Naspi a chi perde il lavoro in modo involontario. Il requisito fondamentale è infatti che la cessazione del rapporto non dipenda dalla volontà del lavoratore. Per questo motivo, la Naspi non spetta in caso di dimissioni volontarie.
Nel 2025, però, sono stati introdotti ulteriori vincoli: l’indennità non è riconosciuta se il rapporto di lavoro ha una durata inferiore a tre mesi.
La Naspi è un'indennità di disoccupazione erogata dall'Inps e destinata a chi perde involontariamente il lavoro. È stata introdotta nel 2015, sostituendo la precedente indennità di disoccupazione.
Il suo obiettivo è offrire un sostegno economico temporaneo a chi perde il lavoro involontariamente, mentre cerca una nuova occupazione. Il sostegno economico aiuta a ridurre l'impatto della disoccupazione sul reddito e consente al disoccupato di avere tempo per formarsi o cercare un nuovo impiego. Con le nuove disposizioni introdotte nel 2025, cambiano le condizioni per accedere alla Naspi.
Una delle novità principali riguarda i lavoratori che interrompono un rapporto di lavoro inferiore a tre mesi: in questi casi, si rischia di non poter accedere alla Naspi.
Secondo la normativa attuale, chi si dimette volontariamente non ha diritto alla Naspi. Si tratta di un limite che può essere superato solo se, dopo le dimissioni, il lavoratore ottiene un nuovo impiego di almeno tre mesi. Infine, se il nuovo contratto dura meno, anche in caso di licenziamento o mancato rinnovo, la Naspi non è riconosciuta.
La soglia dei tre mesi è diventata un criterio decisivo: serve a neutralizzare le dimissioni precedenti e a ripristinare il diritto all’indennità. Un contratto breve, anche se concluso involontariamente, non è più sufficiente per accedere alla disoccupazione Inps.
Nel 2025, è entrata in vigore una novità che restringe ulteriormente l’accesso alla Naspi per i lavoratori che si dimettono.
Com’è noto, chi si dimette volontariamente non ha diritto alla Naspi, che viene riconosciuta solo in caso di perdita involontaria del lavoro, come nei seguenti casi:
La novità riguarda il diritto alla Naspi dopo le dimissioni e una successiva assunzione: l’attività lavorativa deve durare almeno tre mesi per neutralizzare l’effetto delle dimissioni volontarie e consentire l’accesso all’indennità.
Molti lavoratori si trovano in difficoltà quando decidono di lasciare il proprio impiego. Una delle domande più comuni riguarda l'accesso alla Naspi in caso di dimissioni volontarie.
La regola è chiara: chi si dimette non ha diritto alla Naspi, che viene riconosciuta solo in caso di perdita involontaria del lavoro, come nei casi elencati prima.
Tuttavia, esistono alcune eccezioni. Se un lavoratore si dimette dopo anni di servizio, non può richiedere la Naspi a meno che non trovi un nuovo lavoro della durata di almeno tre mesi. Se il nuovo contratto dura meno, anche se terminato per cause non imputabili al lavoratore, la Naspi non è accessibile.
Se, invece, il nuovo rapporto di lavoro dura almeno tre mesi, le dimissioni precedenti vengono neutralizzate.
La normativa è stata introdotta per contrastare gli abusi: dimettersi per ottenere l'indennità è diventato molto più difficile.