Luca Barbareschi, attore, regista e produttore italiano, ha scelto di essere un credente praticante da da oltre trent’anni.
Nato da madre ebrea e padre cattolico non praticante, Barbareschi ha trovato nella religione una via di studio, introspezione e libertà intellettuale.
La sua adesione non è frutto di un automatismo culturale, ma il risultato di un percorso profondo e personale, ispirato da una figura chiave.
Ma qual è la sua religione? Scopriamolo insieme.
Luca Barbareschi, ha scelto consapevolmente di abbracciare la religione ebraica come pratica quotidiana da oltre trent’anni.
L’ebraismo, per Luca Barbareschi, è molto più di una religione nel senso tradizionale. È una filosofia di vita, un sistema di pensiero che privilegia la ricerca rispetto al dogma. In contrasto con la rigidità dottrinale che ha percepito nella religione cattolica, l’attore ha trovato nell’ebraismo uno spazio aperto, dialettico, che valorizza lo studio come forma di avvicinamento alla spiritualità.
Barbareschi ha più volte sottolineato quanto l’approccio ebraico, basato sull’ermeneutica e sul confronto continuo tra opinioni, gli abbia offerto strumenti per crescere come uomo e come intellettuale. Cresciuto in una famiglia che già gli trasmetteva valori di indipendenza e di pensiero critico, ha poi approfondito la sua adesione leggendo, studiando e partecipando attivamente alla vita spirituale della comunità.
Il racconto di un episodio con Jonathan Sacks, in occasione della sua nomina a baronetto da parte della Regina d’Inghilterra, sottolinea non solo l’identità forte e non assimilabile dell’ebraismo, ma anche l’ironia e l’intelligenza che per Barbareschi sono tratti distintivi di questa tradizione.
Non inchinarsi davanti a nessuno è un gesto che sintetizza per lui il significato profondo della libertà e della dignità ebraica, radicate nella memoria collettiva dell’esodo dall’Egitto, celebrato ogni anno durante la Pesach.
Barbareschi ha più volte ricordato le sue origini familiari e quanto abbiano inciso sul suo rapporto con la religione. Il nonno, un sefardita originario di Fès, gli trasmise un modo di pensare autonomo, anche provocatorio, basato sull’esperienza e sulla sfiducia verso i modelli autoritari. Da questo ambiente, unito alla formazione con il rabbino Sacks, è nata una mentalità libera dal conformismo, fortemente critica verso ogni forma di dogmatismo religioso e politico.
Secondo Barbareschi, l’ebraismo non è una religione che impone risposte assolute, ma un allenamento continuo del pensiero, un po’ come andare in palestra per rinforzare il corpo. Studiare e porre domande, senza accontentarsi di risposte semplicistiche, è ciò che rende la spiritualità ebraica così ricca. Una filosofia della complessità, capace di valorizzare anche il dissenso come risorsa.
Questo approccio è alla base della sua visione del mondo e ha influenzato anche la sua attività culturale: dalla gestione di teatri fino alla produzione cinematografica, Barbareschi ha sempre rivendicato la sua indipendenza, anche quando le sue scelte sono state controcorrente. Come lui stesso afferma, "non mi sono mai inchinato a nessuno", un'affermazione che si intreccia perfettamente con la sua visione religiosa.
Oggi Luca Barbareschi è uno dei pochi personaggi pubblici italiani a dichiararsi apertamente ebreo praticante, e lo fa con orgoglio e senso di appartenenza. Per lui essere ebreo significa appartenere a una storia millenaria, fatta di memoria, identità e resistenza. Una storia che non si fonda sulla razza o sul nazionalismo, ma sulla tradizione dello studio, del confronto e della libertà di pensiero.
Barbareschi, pur rifiutando ogni forma di settarismo, non esita a criticare alcune incoerenze delle altre religioni, come la difficoltà nel collegare simboli moderni (l’uovo di Pasqua, ad esempio) al senso profondo della spiritualità. Il suo non è un attacco, ma una riflessione sulla differenza di approccio tra le religioni, tra la semplificazione e la complessità, tra l’obbedienza e il ragionamento.