La stagione referendaria è cominciata, ma in quanti lo sanno davvero? È partita la mobilitazione per il referendum sulla cittadinanza dell'8-9 giugno, eppure la battaglia sembra già in salita. Non solo per le ragioni politiche e giuridiche che spingono verso un cambiamento della legge, ma per un ostacolo più profondo: un assordante silenzio che avvolge queste iniziative.
In un'Italia dove il dibattito pubblico è spesso fagocitato da polemiche lampo e decreti d'urgenza, riuscire a informare l'opinione pubblica su uno strumento di democrazia diretta come il referendum sembra sempre più una missione impossibile: a lanciare l'allarme Riccardo Magi, segretario di +Europa.
Il paradosso è che, mentre si invoca il popolo come legittimazione delle leggi speciali - come nel caso del decreto sicurezza - lo si tiene al sicuro quando può davvero esprimersi direttamente.
Con l'annuncio del referendum sulla cittadinanza, previsto per l'8 e il 9 giugno, e con l'avvio di un'altra possibile mobilitazione per un altro possibile quesito contro il nuovo decreto sicurezza del governo Meloni, si riaccende un antico dilemma: fare referendum, in Italia, è molto difficile. Ma far sapere alla popolazione che c'è un referendum - è quasi impossibile.
Il mantra della Lega e di Salvini oggi è uno solo: “la cittadinanza si merita, non si regala”.
— Riccardo Magi (@riccardomagi) April 7, 2025
Chissà a che si riferiscono, forse a quei cittadini come Bossi che suggerivano di bruciare il tricolore.
D’altronde, non è di certo la prima volta che Salvini cambia idea. Sentite… pic.twitter.com/OCZggtBwF2
Riccardo Magi, segretario di +Europa, è una delle voci più attive in questo scenario. All'assemblea nazionale del partito ha parlato di "una mobilitazione straordinaria di 60 giorni" per informare milioni di cittadini italiani e stranieri regolarmente residenti, ma esclusi dalla cittadinanza, dei loro diritti e della possibilità concreta di cambiarne l'accesso tramite il voto.
Il referendum sulla cittadinanza, se sostenuto, potrebbe finalmente riformare una legge vecchia di trent'anni, che costringe ragazzi nati e cresciuti in Italia a una lunga trafila burocratica per sentirsi parte del Paese in cui vivono. "Una riforma patriottica", ha detto Magi, evocando le parole del presidente della Repubblica Mattarella, secondo cui è patriottismo anche quello di chi, pur con origini straniere, "ama l'Italia, ne fa propri i valori costituzionali e le leggi".
L'impresa dei referendari però è decisamente complicata. Non solo per la complessità organizzativa o per le firme da raccogliere: il vero nemico, oggi, è l'invisibilità. Senza copertura mediatica, senza accesso ai grandi canali di comunicazione, senza spazi nei talk show o nei telegiornali, l'iniziativa referendaria rischia di parlare solo a chi già sa.
Facilitare la cittadinanza non è neanche un concetto ideologico, è un concetto che viene naturale a chiunque viva in questo Paese voglia bene a questo Paese e non riesco a pensare che tante delle persone che incontro per strada, che incontro al lavoro, che incontro al ristorante… pic.twitter.com/R6QxCvOYpc
— Più Europa (@Piu_Europa) April 12, 2025
Le campagne referendarie sono quindi affidate quasi esclusivamente alla buona volontà di partiti, associazioni e comitati. Senza fondi, senza spazi garantiti sui media e con una burocrazia spesso ostile, le possibilità di raggiungere il grande pubblico si riducono a poche apparizioni marginali.
Il voto dell'8-9 giugno potrebbe diventare l'ennesimo esercizio di partecipazione azzoppato, vissuto ai margini del dibattito pubblico. E in questo contesto il danno è doppio, perché tocca due temi fondamentali: la riforma della cittadinanza e l'opposizione a un decreto legge definito da più parti "una forzatura giuridica e costituzionale".
Il decreto "Sicurezza", convertito in legge d'urgenza dopo mesi di stallo parlamentare, è un provvedimento che introduce nuove pene per i manifestanti, limita l'accesso alle SIM per i migranti, vieta la cannabis light e prevede il carcere anche per le donne incinte e madri con i figli piccoli.
Magi lo ha definito "ottusamente repressivo" e "inaudito nel merito e nel metodo". Sarà possibile raccogliere le firme necessarie per organizzare un referendum abrogativo?
L'approvazione del #DecretoSicurezza è una delle pagine più buie della storia della Repubblica.
— Possibile (@PossibileIt) April 4, 2025
Una misura pericolosa, liberticida.
Criminalizzano il dissenso, e lo fanno per decreto. Perché sono deboli, hanno paura del dibattito, della nostra mobilitazione.
Non ci fermeremo.
La recente esperienza dei referendum sull'autonomia differenziata, poi dichiarati inammissibili dalla Corte Costituzionale, dimostra una cosa: ci si scontra con filtri istituzionali e muri di silenzio, ed è difficile poi reagire quando la politica propone leggi che superano i quesiti referendari.
Magi però non si è lasciato scoraggiare da questi ostacoli. Con una mossa che prefigura un'altra battaglia referendaria, ha annunciato l'intenzione di avviare la raccolta firme per abrogare il cosiddetto "decreto Sicurezza", approvato dal Consiglio dei ministri del 4 aprile e ancora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Magi annuncia di essere pronto a depositare la richiesta di referendum abrogativo appena il decreto diventerà legge, cercando di costruire un fronte ampio che coinvolga tutte le opposizioni, i sindacati e le associazioni.
In conclusione, servirebbe una rete di informazione pubblica che creda nei referendum, spazi nei media riservati come accade nelle elezioni politiche, e una volontà istituzionale di valorizzare lo strumento. Ma oggi, chi vuole cambiare le leggi deve prima vincere la battaglia dell'attenzione.
Invisibilità del referendum – L’8-9 giugno si vota per il referendum sulla cittadinanza, ma la mobilitazione è soffocata dal silenzio mediatico e istituzionale, rendendo quasi impossibile informare l’opinione pubblica.
60 giorni di mobilitazione – Riccardo Magi (+Europa) lancia una campagna per riformare una legge sulla cittadinanza vecchia di 30 anni, che penalizza milioni di persone nate e cresciute in Italia ma escluse dai pieni diritti civili.
Verso un secondo referendum – Si preannuncia una possibile raccolta firme anche per abrogare il nuovo “decreto sicurezza”, definito repressivo e liberticida da ampie fasce dell’opposizione e della società civile.