Ora che l'Istat ha varato il codice Ateco di attività per escort e servizi sessuali, l'Italia a quale Paese europeo potrebbe ispirarsi per regolamentare la prostituzione? Questo, in realtà, è un dibattito vecchissimo della nostra classe dirigente. Certo però che il fatto che ora l'Istat abbia dovuto adeguare alle norme europee i codici delle Partite Iva è senz'altro un'altra occasione per riprenderlo e, magari, contrariamente al passato, mandarlo in porto passando dalle parole ai fatti.
In Europa, ci sono quattro modelli con i quali i Paesi si approcciano al fenomeno della prostituzione: c'è il modello proibizionista, quello svedese, quello abolizionista e quello regolamentarista.
L'Italia, finora, ha assunto un modello abolizionista: con la legge Merlin del 1958, ha vietato le case chiuse ma di fatto ha lasciato il mondo della prostituzione in mano alle organizzazioni malavitose. Il modello a cui si è ispirato il nostro Paese è quello per il quale né la prostituzione né l'acquisto di prestazioni sessuali vengono puniti. Nel nostro codice penale figurano solo i reati di favoreggiamento, reclutamento e sfruttamento della prostituzione. Ma tant'è: spesso si rivelano del tutto inefficaci per garantire sicurezza e decoro a interi quartieri e a migliaia di persone.
In Italia, l'Istat ha calcolato che ci sono almeno 90 mila sex worker stabili a cui si aggiungono 20 mila occasionali. Inoltre, sono 3 milioni gli italiani coinvolti nel business e, last but not least, già nel 2022, il mercato della prostituzione è tornato ai livelli pre-Covid toccando un valore di 4,7 miliardi di euro.
Insomma, se si regolamentasse, si toglierebbe una bella entrata alle associazioni mafiose.
Con l'Italia, hanno assunto un modello abolizionista il Regno Unito, la Danimarca, il Portogallo, la Spagna, la Finlandia, l'Estonia, la Polonia, il Lussemburgo, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, la Slovenia, la Bulgaria, la Romania e Cipro.
Ma in Europa c'è anche un Paese che ha assunto una posizione ancora più panpenalistica riguardo la prostituzione: è la Lituania, la nazione in cui la legge punisce sia chi si prostituisce che il cliente.
Il modello svedese, invece, punisce solo il cliente. E, oltre che a Stoccolma, è stato adottato in Irlanda e Francia.
Infine, c'è il gruppo di Paesi che ha deciso di non far finta di non vedere e affrontare il toro per le corna regolamentando la prostituzione: si tratta della Lettonia, della Grecia, dell'Ungheria, dell'Austria, della Svizzera, della Germania, del Belgio e dell'Olanda.
L'introduzione del codice Ateco, il codice che caratterizza ogni Partita Iva, dovrebbe fare la prologo alla regolamentazione e al pagamento delle tasse delle persone che si prostituiscono. Ma come funziona dal punto di vista fiscale negli altri Paesi europei?
In Svizzera, ad esempio in Canton Ticino, ogni persona che si prostituisce versa un'imposta forfettaria di 25 franchi al giorno attraverso i gestori dei locali.
In Germania, le sex worker devono registrarsi e pagare le tasse sul fatturato al 19%. Ma hanno anche la possibilità di detrarre le spese sostenute per l'esecizio dell'attività. Inoltre, ogni lander ha le sue regole per le attività nei locali.
Altro esempio, quello più classico: in Olanda, le prostitute devono aprire una partita Iva presso l'ufficio delle tasse. E lavorano come normali professioniste con tanto di assicurazione sanitaria.
Qui in Italia, se la Lega da sempre è favorevole alla legalizzazione della prostituzione, ci sono però altri partiti che rimangono sulle barricate. Il centrodestra è spaccato sull'argomento perché se Fratelli d'Italia è possibilista, Forza Italia è contro, tanto che a proposito del codice Ateco assegnato dall'Istat ai sex worker ha già annunciato una interrogazione parlamentare.
A sinistra, invece, il Pd ha diversi approcci. I duri e puri che vogliono che tutto rimanga così com'è sono di sicuro Movimento Cinque Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra. Luana Zanella, la capogruppo alla Camera del partito di Fratoianni e Bonelli, l'ha messa così:
Scomodando, invece, Nunzio Filogamo, tutto va bene, madama la Marchesa