08 Apr, 2025 - 13:00

Cosa significa il finale di The Exorcist Believer, al terzo posto su Netflix

Cosa significa il finale di The Exorcist Believer, al terzo posto su Netflix

The Exorcist: Believer è l'horror soprannaturale che sta scalando le classifiche di Netflix in questa settimana. Oggi si trova al terzo posto.

Cosa significa il suo finale? Cosa accade durante l'esorcismo congiunto delle giovani Angela e Katherine? Quale scelta il demone impone ai genitori? 

La riunione tra Chris MacNeil e sua figlia Regan aggiunge una nota di speranza e riconciliazione, e serve a collegare meglio il nuovo capitolo alla saga originale. ​

Significato del finale di The Exorcist Believer, su Netflix

Prima di continuare nella lettura, guarda il trailer in italiano, grazie al canale CineOn:

Seguire le orme de L'Esorcista originale, il capolavoro di William Friedkin che ha definito per la prima volta un genere, è un compito quasi impossibile.

L'ombra imponente del film del 1973 non grava solo sul cinema horror, ma su qualsiasi tentativo di proseguirne la storia, costringendolo a dimostrare disperatamente la propria ragion d'essere.

Troppo spesso, i sequel hanno mostrato una profonda incomprensione di ciò che rendeva l'originale così potente.

The Exorcist: Believer, il tentativo di David Gordon Green di riallacciarsi a quella leggenda a 50 anni di distanza, purtroppo non fa eccezione. Accolto da critiche feroci e risultati deludenti al botteghino, il film fatica a convincere. Tuttavia, proprio il suo finale controverso merita un'analisi.

SPOILER.

Al centro di Believer troviamo Victor Fielding (Leslie Odom Jr.), un padre vedovo, e la sua complessa relazione con la figlia adolescente Angela (Lidya Jewett), ora posseduta.

C'è anche un'altra ragazza e un'altra famiglia coinvolte, ma finiscono per essere quasi un elemento secondario, una deviazione narrativa. Il dettaglio fondamentale per comprendere il finale riguarda la morte della madre di Angela, avvenuta durante la gravidanza.

Un flashback iniziale ci mostra la coppia ad Haiti durante il devastante terremoto del 2010. A Victor viene posta una scelta terribile: salvare la moglie o la figlia non ancora nata. Vedere Angela viva suggerisce una decisione, ma il demone che la possiede rivela una verità più sfumata e crudele: Victor aveva cercato di salvare la moglie, fallendo.

Questo "colpo di scena" viene usato dal demone per tormentare Victor, caricandolo di sensi di colpa. Tuttavia, la rivelazione risulta goffa, poco sviluppata e non aggiunge reale profondità al dramma. Anzi, appare forzata, quasi un espediente narrativo che non sa bene cosa comunicare.

Mentre la situazione precipita, in un momento culminante dell'esorcismo, i genitori dell'altra ragazza posseduta tentano disperatamente un patto suggerito dal demone: sacrificare Angela per salvare la propria figlia.

Prevedibilmente, l'accordo si ritorce contro di loro, portando alla morte della loro bambina. Chi l'avrebbe mai detto che fidarsi di un demone fosse una pessima idea?

Dopo il finale, vediamo Angela tornare a scuola, dove una sedia vuota nella sua classe ricorda la tragedia.

È un tentativo un po' goffo di creare risonanza emotiva, quasi involontariamente macabro nella sua messa in scena. Allo stesso modo, il ritorno di Chris MacNeil (Ellen Burstyn), figura iconica ripescata a metà film solo per essere rapidamente messa da parte, culmina in un fugace e poco meritato abbraccio con la figlia Regan (un cameo di Linda Blair), assente per il resto della narrazione.

Questi momenti sembrano voler chiudere frettolosamente i conti, senza aver costruito la tensione emotiva necessaria.

Anche questo sequel de L'Esorcista ha fallito

Il peso del finale ricade sulle spalle della bravissima Ann Dowd, nel ruolo di un'infermiera vicina di Victor. Il suo monologo conclusivo, seppur ben recitato, suona stonato.

Il suo personaggio sembra esistere solo per smussare gli angoli, per addolcire il trauma vissuto dai personaggi, riducendolo a "una delle tante cose della vita".

Involontariamente, questo discorso riflette il problema centrale del film: rivisitare un classico in questo modo rischia di svuotarlo, riducendolo a mero materiale narrativo per giustificare un sequel.

La conclusione offre una nota stranamente ottimistica, quasi a voler cancellare le cicatrici e preparare il terreno per i prossimi due capitoli annunciati di questa nuova trilogia.

Ma perché questo finale non convince?

Perché manca di qualsiasi sostanza che possa farci attendere con ansia il futuro. Non ci sono domande profonde a cui bisognerà trovare una risposta, non c'è ambiguità, non c'è il terrore strisciante, che fa mancare il respiro e che rendeva indimenticabile l'originale.

Mentre il film di Friedkin si chiudeva su una nota agrodolce, sospesa tra tragedia e un fragile trionfo, Believer spazza via tutto con spiegazioni non richieste e una risoluzione a dir poco semplicistica.

L'unica vera paura che questo finale suscita è quella per lo stato del cinema horror contemporaneo, dove i classici vengono trasformati in prodotti derivativi e senz'anima. Il vero demone, forse, è la mancanza di creatività e di vero terrore che affligge operazioni come questa.

The Exorcist: Believer è un senso di vuoto, la triste constatazione di come un'eredità così potente possa essere ridotta a un'imitazione fatta male.

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