08 Apr, 2025 - 09:18

A Mattino 5 Maria Rita Parsi spiega cosa spinge alcuni uomini a uccidere le donne

A Mattino 5 Maria Rita Parsi spiega cosa spinge alcuni uomini a uccidere le donne

Ospite di Mattino 5 questa mattina, la psicoterapeuta Maria Rita Parsi ha affrontato uno dei temi più drammatici e urgenti della società moderna: la violenza contro le donne e i femminicidi.

Con il suo tono diretto e competente, ha cercato di far luce sulle dinamiche psicologiche che spingono alcuni uomini a trasformare il possesso, la gelosia e la frustrazione in atti estremi, fino ad arrivare al femminicidio. Scendiamo nei dettagli di quest analisi lucida e toccante che invita alla riflessione e alla prevenzione.

La professoressa Maria Rita Parsi spiega cosa spinge alcuni uomini a uccidere le donne

Secondo l'analisi della professoressa Parsi, alla base della violenza maschile che sfocia nel femminicidio ci sarebbero radici psicologiche profonde, legate a un complesso rapporto tra l'uomo e la figura femminile.

Vediamo quali motivazioni ha elencato:

  1. Senso di inferiorità e paura della donna: la Parsi ipotizza che, a un livello inconscio o comunque profondo, alcuni uomini possano provare un senso di inferiorità e persino timore o paura nei confronti delle donne. Questa sensazione non sarebbe necessariamente manifesta, ma agirebbe a livello sotterraneo.
  2. Il potere unico della donna: dare la vita: il fulcro di questo sentimento risiederebbe nel potere unico ed esclusivo della donna di dare la vita. La professoressa sottolinea come questo sia un potere "ancestrale", biologico, che l'uomo non può possedere né replicare. Ogni uomo, ricorda la Parsi, è "figlio di madre", riconoscendo così questa dipendenza originaria e questo potere femminile fondamentale.
  3. L'Impossibilità di creare e il desiderio di "consumare" la donna: questa incapacità maschile di generare la vita potrebbe, secondo la Parsi, trasformarsi in una sorta di "invidia" inconscia o in un senso di esclusione da questo potere primario. Ecco perché molti uomini puntano a "consumarle", come dice la professoressa. Questo suggerisce che, non potendo partecipare all'atto creativo della vita in modo diretto come la donna, alcuni uomini potrebbero sviluppare un desiderio distorto di possedere, controllare, quasi di "utilizzare" o "consumare" la donna e il suo corpo, come un modo per esercitare un dominio su ciò che non possono creare o eguagliare. Si tratterebbe di un tentativo di ridurre la donna a oggetto, spogliandola del suo potere intrinseco.
  4. Dall'impotenza creativa all'impulso distruttivo: qui si inserisce il passaggio più drammatico dell'analisi: "se non possono dare la vita, allora decidono di dare loro la morte". Secondo la Parsi, l'incapacità di eguagliare il potere creativo femminile, unita al senso di inferiorità e al desiderio fallito di "consumare" o possedere totalmente la donna, potrebbe portare alcuni uomini, in situazioni di crisi o frustrazione estrema, a un ribaltamento tragico. Dare la morte diventerebbe l'unica forma di potere assoluto che sentono di poter esercitare sulla donna, un'estrema e distorta affermazione di controllo nel momento in cui sentono di aver perso ogni altra forma di dominio o influenza. È l'annientamento come risposta all'impossibilità di creare o possedere.
  5. Il rifiuto come detonatore: l'incapacità di accettare un rifiuto, soprattutto da parte di una donna, agirebbe come il detonatore che fa esplodere queste dinamiche psicologiche latenti. Il rifiuto, in questa chiave di lettura, non è solo un "no" a una relazione o a un desiderio, ma viene vissuto come una conferma bruciante della propria impotenza, della propria inferiorità, del fallimento nel tentativo di "consumare" o controllare. È il momento in cui la donna riafferma la propria autonomia e il proprio potere decisionale, e questo, per l'uomo che vive le dinamiche descritte dalla Parsi, risulta intollerabile, scatenando la reazione violenta e distruttiva come estremo tentativo di riaffermare un potere, seppur nella forma più tragica: quella di togliere la vita che non può dare.

In sintesi, la professoressa Parsi ci regala una lettura psicologica profonda del femminicidio, riconducendolo a un complesso intreccio di sentimenti di inferiorità maschile legati al potere biologico femminile della procreazione, che possono degenerare in un desiderio di possesso e controllo ("consumare") e, di fronte al rifiuto (vissuto come massima espressione di impotenza), sfociare nell'atto estremo di dare la morte come unica, tragica forma di affermazione di potere residua.

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