L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 183 del 12 settembre 2024, ha fornito importanti chiarimenti sulla Tari, la tassa comunale sui rifiuti. È stata confermata l’introduzione delle componenti perequative sulla tassa, che rappresentano una maggiorazione a carico di tutte le utenze e contribuiscono a determinare il costo complessivo del servizio, formando così la base imponibile IVA. Tuttavia, le voci perequative non devono essere incluse nella base imponibile IVA della Tari, ma devono essere separate nelle richieste di pagamento. A supporto di tale interpretazione, anche la Corte di Cassazione è intervenuta, ribadendo che l’IVA non deve essere applicata ai tributi, ma solo ai corrispettivi per i servizi.
Ecco perché, oggi, alcune persone potrebbero avere diritto a un rimborso fino a 300 euro sulle somme versate entro dieci anni dal versamento o dalla data in cui è stato accertato il diritto alla restituzione. Ma come funziona davvero e chi può richiederlo? Vediamo insieme tutto ciò che c'è da sapere, passo dopo passo, sul rimborso dell'IVA sulla Tari.
La questione, sollevata da alcune associazioni dei consumatori, pone diversi interrogativi sul pagamento dell'IVA sulla Tari. Il dubbio riguarda l'applicazione dell'IVA sulla bolletta della tassa sui rifiuti. Il fisco ha chiarito che l'introduzione di componenti perequative nella Tari non modifica la sua natura di tassa, né giustifica l'applicazione dell'IVA.
Poiché si parla di una tassa e non di una tariffa, l'IVA non dovrebbe essere applicata. Un concetto chiarito in diverse sentenze della Corte Costituzionale (n. 238/2009) e della Corte di Cassazione (n. 5078/2016), nelle quali è stato specificato che, non essendo una tariffa, la Tari non è soggetta a IVA.
La Tari rappresenta una somma di denaro versata dai cittadini per finanziare i costi generali del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti e non è direttamente correlata al pagamento di un singolo servizio.
Un concetto che non è stato recepito da alcuni Comuni, i quali, nel corso degli anni, hanno applicato l'IVA sia per le utenze domestiche che per quelle non domestiche.
Per questo motivo, oggi alcuni cittadini possono richiedere il rimborso dell'IVA sulle bollette per gli anni in cui è stata applicata, ma non doveva esserlo.
Ad esempio, se un cittadino ha pagato 300 euro di Tari ogni anno con un'IVA applicata al 10%, pari a 30 euro, in 10 anni il rimborso totale sarebbe di 300 euro.
Come detto, alcuni Comuni hanno applicato l'aliquota IVA sulla tassa dei rifiuti al 10%. In alcuni casi è possibile ottenere un rimborso, che può variare a seconda del Comune.
Per richiederlo, è necessario presentare una domanda all’Ufficio Tributi o agli sportelli delle associazioni dei consumatori, compilando un apposito modulo e allegando le ricevute dei pagamenti. È importante precisare che il rimborso è soggetto a una prescrizione decennale.
Come riportato da fiscooggi.it, l'Agenzia delle Entrate, nella risposta n. 183/2024, ha spiegato che le componenti perequative UR1a e UR2a, introdotte da ARERA dal 1° gennaio 2024 e aggiunte alla Tari corrispettivo (la tariffa per la gestione dei rifiuti), sono soggette a IVA nella misura del 10%.
Il concetto è semplice: essendo voci distinte, concorrono al costo totale del servizio e, quindi, rientrano nella base imponibile su cui si calcola l'IVA.
Le componenti servono a coprire:
Come spiegato da money.it, la Corte di Cassazione, con la sentenza del 2016, ha confermato la natura tributaria della Tari. È intervenuta per chiarire la questione sollevata sul pagamento dell'IVA sulla Tari, che nel corso degli anni ha suscitato diversi interrogativi sul calcolo della tassa, erroneamente vista da alcuni Comuni come una tariffa.
Nella risposta dell'Agenzia delle Entrate viene innanzitutto sottolineato che le componenti perequative introdotte dalla deliberazione ARERA n. 386/2023, denominate UR1a e UR2a, sono aggiunte al corrispettivo della Tari per coprire specifici costi nel settore dei rifiuti urbani.
Poiché queste componenti sono considerate parte integrante della tariffa, come confermato dall'Agenzia, devono essere assoggettate al medesimo regime fiscale della tariffa. Alla luce di questa considerazione, la legislazione ha chiarito che si tratta di un tributo, ma la deliberazione ARERA n. 386/2023 non ha reso facile l'interpretazione delle componenti perequative (UR1a e UR2a) nella Tari, che sono considerate una maggiorazione al corrispettivo della tassa.