Devo ammetterlo, quando ho visto arrivare Le Assaggiatrici nelle sale il 27 marzo 2025, ho subito pensato “ecco, un altro film di guerra cupo e già visto”. E invece no. Questo film, diretto da Silvio Soldini e ispirato al romanzo omonimo di Rossella Postorino, spiazza e ci regala qualcosa di raro: un racconto asciutto, inquietante, che ci porta dritti dentro una storia vera e incredibile, senza mai cadere nella solita trappola del melodramma. La vicenda ruota attorno a sette donne costrette ad assaggiare ogni giorno i pasti di Hitler, sapendo che potrebbe essere l’ultimo boccone della loro vita. Sembra quasi un thriller psicologico travestito da film storico, e funziona maledettamente bene.
Quello che colpisce di più è proprio la scelta registica: niente scene madri, niente facili effetti da “cinema di guerra”. La storia si sviluppa attraverso l’attesa, il silenzio, i piccoli gesti. E questa è la forza del film: non esibisce, non urla, ma costruisce una tensione che ti segue anche fuori dal cinema. Ti viene quasi voglia di trattenere il respiro insieme alle protagoniste.
Il centro pulsante del film è Daisy Ridley, che qui si spoglia definitivamente del ruolo da eroina intergalattica e si cala nei panni di Rosa Sauer, una donna reale, vulnerabile e sospesa tra il terrore e la sopravvivenza. Ridley sorprende per misura e profondità: niente orpelli, solo sguardi, respiri trattenuti e una fragilità che, anziché spezzarla, la rende potentissima.
Accanto a lei brillano Lou de Laâge e Andrea Riseborough, che danno corpo e voce a personaggi femminili sfaccettati, lontani da qualsiasi cliché. Sono donne che resistono, spesso in silenzio, ma mai passive. Sono compagne, nemiche, alleate, madri, sorelle. Umane, insomma.
Non aspettatevi sparatorie o bombardamenti. Qui si combatte con lo sguardo basso, la fame, l’angoscia che si infila tra le ossa. Soldini ci immerge in una bolla di sospensione dove non succede (quasi) nulla, eppure accade tutto. Ogni silenzio pesa come un macigno, ogni gesto è una potenziale condanna, ogni attimo potrebbe essere l’ultimo. E tu, spettatore, sei lì, seduto accanto a loro, a chiederti cosa faresti, cosa diresti, come reagiresti.
Tratto dalla vera storia di Margot Wölk, unica sopravvissuta tra le assaggiatrici di Hitler, il film ha già conquistato pubblico e critica al Festival di Berlino e ora è finalmente al cinema. Ma non aspettatevi una lezione di storia. Le Assaggiatrici è un viaggio intimo e sospeso, fatto di paura, complicità e silenziosa resistenza. Evita la retorica e arriva dritto al cuore. È uno dei quei film che, se ti lasci prendere, non ti lasciano più. Io sono uscita dalla sala con il fiato corto e il bisogno di parlarne. Forse capiterà anche a te.
A cura di Nicoletta Urbinati