Sarà sempre più difficile andare in pensione? Come cambieranno i requisiti per la pensione di vecchiaia nei prossimi anni? Oggi molte persone che potrebbero lasciare il lavoro non lo fanno per paura di non riuscire a vivere una vita dignitosa con la pensione. Al contrario, chi desidererebbe andare in pensione si trova spesso a non soddisfare i requisiti per pochi mesi, costringendolo a posticipare l’uscita. In questo contesto, sembra davvero che si possa applicare il detto: “Chi ha il pane non ha i denti, e chi ha i denti non ha il pane”.
Le pensioni continuano a essere uno dei temi più dibattuti nell’agenda del Governo, nonostante le difficoltà globali come l’aumento dei dazi imposto da Trump, la guerra in Ucraina e le sfide geopolitiche internazionali. Tuttavia, il vero problema per gli italiani rimane come riuscire ad andare in pensione di vecchiaia senza subire penalizzazioni.
Le recenti dichiarazioni della professoressa Elsa Fornero, ospite della trasmissione "Di Martedì" di Giovanni Floris, hanno riacceso il dibattito sulla "riforma lacrime e sangue", sollevando nuovi interrogativi riguardo al futuro del sistema previdenziale italiano.
Come riportato dall'INPS nella pagina dedicata alla pensione di vecchiaia, i nuovi requisiti entreranno in vigore a partire dal 1° gennaio 2027, in seguito all'applicazione dell’adeguamento biennale dell’aspettativa di vita ISTAT.
Nel ricordare la riforma delle pensioni Fornero, introdotta dal governo Monti nel 2012, si riapre il dibattito sul sistema previdenziale. Da una parte, Matteo Salvini, Vicepremier e Ministro, chiede insistentemente l’abolizione della riforma Fornero.
Nonostante sono passati oltre dieci anni, la stessa Fornero spiega che il compito del governo resta quello di garantire l'equilibrio delle finanze pubbliche. Un cambiamento radicale non solo aprirebbe una nuova voragine di esodati, ma comporterebbe gravi rischi per la stabilità dell'intero sistema previdenziale.
Nel corso dei prossimi anni, il sistema previdenziale potrebbe essere rimodulato in base all’aumento dell’età pensionabile, con modifiche che influenzeranno le normative in vigore.
Procediamo con cautela: a partire dal 1° gennaio 2027 l’età pensionabile dovrebbe essere adeguata all’indice ISTAT sull’aspettativa di vita, salvo un nuovo intervento normativo.
Di conseguenza, i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata ordinaria verrebbero inaspriti.
Le misure come l’Ape sociale, l’Opzione donna e la Quota 103 potrebbero subire modifiche nei requisiti. Ad esempio, per l'Ape sociale si potrebbe arrivare a richiedere un’età minima di 63 anni e 8 mesi, con aumenti che riguarderebbero tutte le principali misure del sistema previdenziale.
Attualmente, i lavoratori possono accedere alla pensione di vecchiaia al compimento di 67 anni, con almeno 20 anni di contributi versati, con qualche variazione legata all’anzianità contributiva. Tuttavia, le prime proiezioni indicano che dal 2027 l'uscita dal lavoro avverrà a 67 anni e 3 mesi, con la possibilità che si arrivi a 68 anni e un mese entro il 2040, con un incremento di 13 mesi.
Al momento, il governo italiano sta valutando la possibilità di intervenire per congelare l’adeguamento biennale previsto per il 2027, introducendo nuove regole previdenziali strutturali votate all’equità e alla sostenibilità del sistema.
In effetti, si spera che la pensione anticipata ordinaria non venga portata a 43 anni e 1 mese per gli uomini e 42 anni e 1 mese per le donne, e che l’età pensionabile resti fissata a 67 anni.
Come riportato da Investireoggi.it, c'è preoccupazione che il legislatore possa intervenire con un colpo di mano sui requisiti per la pensione ordinaria, alimentando timori legati all'invecchiamento della popolazione e alla necessità di nuovi interventi per cercare di bloccare l’aumento del divario generazionale.
Il messaggio rimane sempre lo stesso: garantire equità, sostenibilità e adeguatezza per tutti.
La riforma delle pensioni "lacrime e sangue" del 2012 fu introdotta in un periodo in cui era necessario garantire la stabilità finanziaria dello Stato.
Per questo motivo, la Fornero aumentò l’età pensionabile e i requisiti contributivi. Tuttavia, l’impatto sui lavoratori fu devastante, in particolare per le donne, che si trovarono ad accettare un notevole taglio sulla pensione per poter accedere a piani previdenziali agevolati.
Sebbene la riforma puntasse alla sostenibilità, ha creato nuove difficoltà sociali, mettendo in luce gli effetti negativi delle modifiche retroattive ai requisiti pensionistici.
Per rimediare furono introdotte nove salvaguardie per permettere agli esodati, lavoratori senza occupazione né pensione, l'accesso finalmente a un trattamento economico previdenziale.
Con la riforma delle pensioni del 2012 è stata abolita la pensione di anzianità, è stata introdotta la pensione anticipata ordinaria e l’età pensionabile è stata progressivamente innalzata: inizialmente a 65 anni per gli uomini del settore pubblico e privato, a 61 anni per le donne del pubblico impiego e a 60 anni per le lavoratrici del settore privato, fino ad arrivare agli attuali 67 anni, con un ulteriore aumento previsto a 67 anni e 3 mesi nel 2027.
Per quanto riguarda i potenziali esodati del 2027, secondo Orizzonte Scuola, si stima che oltre 44.000 lavoratori potrebbero trovarsi nelle stesse condizioni in cui si sono trovati gli esodati del 2012.
L’evoluzione del sistema potrebbe coinvolgere i lavoratori che hanno aderito a programmi di isopensione, contratti di espansione o fondi di solidarietà bilaterali, e che rischiano di ritrovarsi senza stipendio né pensione.
La principale differenza tra i nuovi esodati e quelli del 2012 sta nel fatto che i primi hanno aderito a piani di prepensionamento previsti dalla legge e l’adeguamento dei nuovi requisiti potrebbe creare squilibri nelle tutele previdenziali. Gli esodati del 2012, invece, si sono trovati di fronte a modifiche retroattive delle regole d'accesso alla pensione.
Nuovi dettagli potrebbero emergere nei prossimi mesi, quando il governo gestirà l’adeguamento dei requisiti pensionistici.