04 Apr, 2025 - 19:26

"Sons": secondo lungometraggio per il regista Gustav Möller

"Sons": secondo lungometraggio per il regista Gustav Möller

 
"Sons", recensione

In una grande prigione maschile poco distante da Copenaghen una donna di nome Eva (Sidse Babett Knudsen) lavora come guardia carceraria. Eva ha quasi sessant’anni e nella sua esistenza non sembra esserci altro al di fuori del lavoro; pare aver abbandonato tutto il resto per dedicarsi interamente ai detenuti e al loro recupero, tant’è che nella palestra del carcere tiene anche un corso di yoga. Ma sul suo viso maturo e nei suoi grandi occhi azzurri c’è un’espressione che rievoca sensazioni miste di tristezza, disillusione e senso di colpa. A guardarla pare quasi che non le sia rimasto niente, come se avesse perso tutto, anche la parte più importante e viscerale di sé che la teneva in vita.

Però c’è qualcosa, come un tormento che, se pur in maniera quasi silente, pare perseguitarla gravando sulla sua coscienza. Quel bisogno di prodigarsi affinché i criminali possano cambiare le sorti del loro destino appare più come un tentativo di espiare un peccato troppo grande per essere pronunciato a voce alta. E forse proprio il destino o una beffarda casualità farà sì che una mattina arrivi, nel penitenziario dove lei lavora, un ragazzo collegato col peso che l’affligge.

Mikkel (Sebastian Bull) ha all’incirca vent’anni e ne ha già scontati cinque di una condanna a sedici. Da quel giovane altissimo coi capelli biondi, la carnagione color latte e gli occhi verdi ti aspetteresti al massimo un piccolo reato di poco conto e invece, in preda a un’ira implacabile, ha ucciso a coltellate un detenuto suo coetaneo in un’altra prigione. La vittima si chiamava Simon (Mathias Petersen) e apparteneva al passato di Eva. Dunque, sarà lei capace di resistere all’istinto irrefrenabile di vendicarsi, torturando Mikkel, per rispettare l’etica che si nasconde dietro la sua divisa?

"Sons", critica

Come vi comportereste se all’improvviso vi capitasse l’occasione di poter martoriare l’assassino di vostro figlio? Davanti a questo conflitto morale riuscireste a resistere alla tentazione di vendicarvi, scegliendo il perdono? Sareste davvero in grado di tenere a bada la parte più bestiale dell’istinto umano, reprimendo la sete di sangue? E ancora, se aveste scelto di fare un lavoro che è direttamente correlato col rispetto della giustizia in una situazione simile manterreste comunque il controllo? Sono queste le domande che ci pone “Sons” (in danese “Vogter” che tradotto significa “guardia”) il secondo lungometraggio del regista Gustav Möller, presentato in anteprima nel 2024 al Festival di Berlino, candidato anche all’Orso d’Oro. A sei anni dall’uscita de “Il Colpevole” Möller ha deciso di mostrarci di nuovo un dilemma etico vissuto da chi indossa la divisa.

Ambientato quasi interamente all’interno di un carcere e girato nel penitenziario di Vridsløselille vicino Copenaghen, chiuso nel 2018, il film è molto crudo, con scene che non lasciano troppo spazio all’immaginazione. La narrazione però non è caratterizzata da esplicite riflessioni filosofiche all’interno di monologhi o dialoghi; c’è poco da ascoltare e tanto da osservare. Non sappiamo quasi niente dei due personaggi principali: da dove vengono, che infanzia hanno vissuto, cosa li ha spinti a ritrovarsi in quella precisa situazione, uno dietro le sbarre e l’altra di fronte.

Ma questa non è soltanto una storia di vendetta, di scelta sofferta tra il bene e il male, ma anche del dramma che vive un genitore che si ritrova ad avere a che fare con una prole diventata inspiegabilmente violenta e ingestibile. Eva, la protagonista, convive sì col dolore del lutto, ma anche col senso di colpa di essersi sentita sollevata quando si è “liberata” del figlio, una volta incarcerato, e di averlo abbandonato al suo destino non essendo mai andata a fargli visita. Proprio per questo, dopo degli atti di ritorsione, lei in qualche maniera inizia a prendersi cura di Mikkel, il ragazzo che ha ucciso il suo Simon. E a osservarla bene non sembra farlo solo per scongiurare una possibile denuncia per abuso di potere e aggressione, ma anche come se volesse trovare un riscatto per suo figlio attraverso il ragazzo problematico che lo ha ammazzato. Al di là delle circostanze, alla fine di tutto, siamo sempre noi che scegliamo se lasciarci inghiottire dalla parte peggiore di noi stessi oppure no. Ho apprezzato molto questa pellicola, nonostante rimanga con l’occhio puntato sul presente e sugli accadimenti del momento, senza andare a scavare nelle esistenze dei personaggi. Non un film per tutti, tre virgola otto stelle su cinque. 

 

LEGGI ANCHE