Un vertice di maggioranza per ribadire "la salda convergenza" tra la premier Giorgia Meloni e i suoi vicepremier, Matteo Salvini e Antonio Tajani.
All'ordine del giorno della riunione, tenutasi ieri a Palazzo Chigi, i principali dossier di politica estera. Un tema particolarmente attuale, considerando che proprio in queste ore Meloni sta partecipando al ‘vertice dei volenterosi’ di Parigi, dove si discute delle future garanzie di sicurezza da fornire all’Ucraina.
Ma oltre ai dossier internazionali, l’incontro aveva un obiettivo meno dichiarato: un chiarimento politico tra gli alleati. Durante l’ora di colloquio, la presidente del Consiglio ha richiamato i vicepremier, esortandoli a dimostrare quell’unità di coalizione che ultimamente è sembrata vacillare, complici anche le continue stoccate di Salvini e della Lega, soprattutto sui temi di politica estera oggi al centro del dibattito pubblico.
Nelle ultime settimane, Salvini non si è limitato a ribadire la sua contrarietà al piano RearmEurope, ma ha anche sferrato duri attacchi a Tajani, mettendone in discussione il ruolo di ministro degli Esteri.
Prima lo sgarbo istituzionale con la chiamata diretta al vicepresidente USA, Vance, bypassando la Farnesina; poi l'affondo del sottosegretario Durigon, che in un’intervista ha invitato pubblicamente Tajani "a farsi aiutare” – un chiaro riferimento all'intervento della Lega – "nei suoi rapporti con gli USA". Sgarbi a cui Tajani non ha tardato a replicare, pur evitando riferimenti espliciti al Carroccio, parlando di “populisti quaquaraquà”.
Anche la premier non è stata risparmiata dagli attacchi. Alla vigilia del Consiglio europeo della scorsa settimana, in cui i leader UE hanno approvato il piano di riarmo, un altro esponente di peso della Lega, Riccardo Molinari, ha affermato che “Meloni non aveva mandato” dall’Italia per votare sì alla proposta della presidente von der Leyen.
L'attivismo di Salvini, insomma, ha messo in non poca difficoltà il Governo in queste settimane, incrinando la posizione di Meloni, impegnata in un delicato gioco di equilibrismo in Europa nel tentativo di non perdere il rapporto privilegiato costruito con Trump e di ridefinire, contemporaneamente, la posizione dell’Italia di fronte all’iniziativa pro-riarmo, saldamente nelle mani di Francia e Gran Bretagna.
Chiarita la necessità di evitare che le divisioni emergano pubblicamente a suon di interviste, Meloni ha sfruttato il vertice di Palazzo Chigi per mettere in chiaro un punto con Salvini: “La linea di politica estera la decido io. Distinguo pubblici non sono ammessi”.
Includendo Salvini nella riunione preliminare al vertice con i leader europei, peraltro, la premier ha di fatto vincolato il leader della Lega alle decisioni prese dal governo, come conferma la nota diffusa al termine del vertice, secondo la quale l’incontro ha riaffermato "l’impegno a costruire, insieme ai partner europei, occidentali e agli Stati Uniti, garanzie di sicurezza solide ed efficaci per l’Ucraina, fondate nel contesto euroatlantico”.
Gli alleati, in altre parole, hanno pubblicamente dato il loro consenso alla strategia della premier, più volte ribadita dalla stessa nelle queste settimane: il no al piano anglo-francese per l’invio di truppe europee a Kiev. L’unica apertura possibile resta quella a un’operazione sotto l’egida dell’ONU o a un impegno che passi attraverso l’estensione all’Ucraina dell’Articolo 5 del Trattato NATO.
Nella speranza di aver archiviato le tensioni – nonostante Salvini, pochi istanti dopo la fine del vertice di Palazzo Chigi, non abbia resistito alla tentazione di ribadire la sua contrarietà al piano da 800 miliardi per Rearm Europe – Meloni può comunque festeggiare.
Proprio oggi, infatti, il suo governo entra nella lista dei cinque più longevi della storia della Repubblica. Un traguardo che la premier ha rivendicato con orgoglio in un video diffuso sui social, cogliendo l’occasione per sottolineare non solo il continuo sostegno dei cittadini, confermato dai sondaggi, ma anche “la coesione della maggioranza, forse ancora meno scontata”.