25 Mar, 2025 - 15:53

Tragedia del Natisone, parla la madre di Patrizia Cormos, morta nella piena: “Vogliamo giustizia”

Tragedia del Natisone, parla la madre di Patrizia Cormos, morta nella piena: “Vogliamo giustizia”

Chiedono verità e giustizia i familiari di Patrizia Cormos, Bianca Doros e Cristian Molnar, che nella primavera del 2024 morirono travolti dalle acque del fiume Natisone in piena a Premariacco, in Friuli. Di recente, l'avvocato che li assiste, Maurizio Stefanizzi, ha infatti reso noto l'esito di una perizia secondo la quale "per salvare i ragazzi, l'elicottero avrebbe impiegato solo due minuti per ciascuno".

La ricostruzione della tragedia, dall'inizio

I fatti risalgono al 31 maggio scorso. Patrizia, Bianca e Cristian, di 20, 23 e 25 anni, erano arrivati da meno di venti minuti sul greto del fiume Natisone quando, a causa di un'improvvisa piena, si ritrovarono su un isolotto, stretti l'uno all'altro in un commovente abbraccio nel tentativo di resistere alla forza della corrente.

A dare l'allarme, dopo aver notato che erano in difficoltà, fu, inizialmente, l'autista di un bus. Poi la stessa Patrizia telefonò ai soccorsi, per almeno quattro volte, chiedendo aiuto. Un'agonia durata, secondo le ricostruzioni, ben 41 minuti.

Tempo che, secondo la perizia di parte, sarebbe stato più che sufficiente ad inviare un elicottero sanitario, dotato di verricello, e a portare in salvo i tre ragazzi, che invece furono infine travolti, venendo inghiottiti dal fiume, morendo per annegamento.

L'ipotesi di reato di omicidio colposo 

Al termine delle indagini, la Procura di Udine, lo scorso gennaio, ha formalizzato l'ipotesi di reato di omicidio colposo nei confronti di quattro persone. "I quattro operatori" che, "mediante condotte colpose concorrenti, per imperizia, negligenza e imprudenza" avrebbero "cagionato la morte dei ragazzi". 

Si tratta di un operatore della Sala regionale emergenza sanitaria Fvg e di tre vigili del fuoco. Questi ultimi, in particolare, sono accusati di aver "omesso di visualizzare immediatamente le coordinate geografiche del luogo" da cui Patrizia aveva effettuato la prima telefonata. 

Errore che avrebbe impedito loro di comprendere che l'intervento "avrebbe dovuto essere eseguito con il velivolo più prossimo" invece che con quello di stanza all'aeroporto Marco Polo di Venezia, che arrivò troppo tardi. 

Le dichiarazioni della madre di una delle vittime

I familiari chiedono ora che "chi ha sbagliato paghi". La madre di Patrizia Cormos è intervenuta a "Incidente probatorio", programma trasmesso dal lunedì al venerdì su "Fatti di nera" (canale 122 del digitale terrestre) e in streaming su Cusano Media Play.

Rispondendo alle domande del conduttore Gabriele Raho, ha dichiarato: "Mia figlia e i suoi amici non conoscevano il fiume, come non lo conoscevamo noi. Abbiamo saputo solo dopo che faceva cinque piene l'anno".

"Non si dovevano aspettare 41 minuti, era una situazione molto pericolosa. Nel 2024 non si può morire così", ha aggiunto la signora. "Non mi do pace. Se fosse successo tutto in pochi attimi, forse alla fine mi sarei rassegnata, ma sapere che mia figlia piangeva chiedendo aiuto, non posso accettarlo".

"Mi aspetto solo giustizia", ha proseguito. "Per Patrizia, ma anche per Bianca e per Cristian. Con le loro famiglie ci sentiamo spesso, siamo tutti distrutti. Il 31 maggio di un anno fa abbiamo smesso di vivere", ha aggiunto, commossa.

Chi era Patrizia Cormos? Il ricordo dei familiari

"Patrizia frequentava il secondo anno dell'Accademia di Belle Arti di Udine. Quel giorno aveva dato un esame e mi chiamò per chiedermi il permesso di vedere i suoi amici, dicendomi che sarebbe tornata presto. Era una bravissima ragazza, studiava e lavorava. Era piena di gioia, di vita, sempre con il sorriso", ha ricordato la madre.

"Era un amore e ci manca tantissimo, tutti i giorni. Mi fa male pensare che abbia provato in tutti i modi a salvarsi. Mi sforzo di lottare, ma non è facile: stavamo sempre insieme. Se non fosse per la mia seconda figlia, quel giorno sarei morta insieme a lei", ha concluso.

Augurandosi che, dopo aver completato i dovuti accertamenti, la Procura chiarisca tutte le responsabilità, dando un po' di pace a lei e ai familiari degli altri ragazzi, che da quasi un anno lottano con il pensiero che sarebbe bastato pochissimo per riportarli a casa. 

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Sara D'Aversa
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