Un dazio io, un dazio tu, a pagare finiranno per essere i consumatori. Poiché se aumenta il prezzo delle materie prime, i produttori saranno portati ad aumentare quelli dei prodotti finiti che i consumatori andranno ad acquistare.
Con i dazi, quindi, l'inflazione si annuncia in rialzo. Di conseguenza, salari e stipendi sarebbero destinati a pesare sempre meno.
E non ci vuole molto a capire che quello a cui si è messo a giocare Trump annunciandoli dal prossimo 2 aprile in poi è un gioco pericoloso, che alla fine può far perdere tutti: gli Usa che, paradossalmente, già ora vanno col cappello in mano in giro per il mondo chiedendo uova, alimento chiave delle tavole americane ma che già scarseggia sul loro mercato interno. E l'Italia, il Paese dove negli ultimi anni i salari già hanno perso più che altrove potere d'acquisto.
Fortunatamente, però, i pontieri si sono messi già al lavoro tra una sponda e l'altra dell'Atlantico e l'Unione Europea ha deciso di rinviare di due settimane ogni mossa per rispondere sul campo commerciale alle politiche annunciate da Washington.
Una mossa che avrà fatto senz'altro piacere a Giorgia Meloni, la quale sa bene l'importanza dell'export per l'economia italiana. Ma che si può giurare che abbia fatto ugualmente piacere anche alla sua principale antagonista, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein?
Appena i pontieri europei e americani si sono messi al lavoro per cercare di ammorbidire le politiche protezionistiche annunciate da Donald Trump, la commissione guidata da Ursula von der Leyen ha rimandato di due settimane ogni scelta a proposito. Cosa che il governo italiano ha molto apprezzato. Tanto che oggi, sull'argomento, è intervenuto il ministro degli Esteri nonché vicepremier Antonio Tajani:
ha detto il vicepremier dimostrando ancora una volta come tutto si tiene.
Sta di fatto che la posizione dell'Europa sui dazi è esattamente quella descritta da Tajani: a Bruxelles si spera che Trump non dia seguito alle sue parole, altrimenti dal 2 aprile prossimo sarebbero davvero guai per le economie occidentali.
Ma tant'è: dal punto di vista politico, chi continua a rimproverare al governo di essere ambiguo, "di non scegliere tra Trump e l'Europa" è il Partito Democratico di Elly Schlein.
Ventotene a parte, è il mood di queste ultime settimane che l'opposizione mantiene nei confronti di Palazzo Chigi. Oggi, per dirne una, il responsabile economia della segreteria Pd, Antonio Misiani, ha parlato di "sindrome di Stoccarda":
Non si sa. Ma quando, da europarlamentare, toccò proprio alla segretaria di Misiani, ad Elly Schlein, votare un provvedimento sui dazi, l'attuale numero uno del Nazareno che scelta fece?
La segretaria del Pd, se oggi, assieme ai suoi, spinge per una politica anti-trumpiana, a febbraio 2017, votò contro il cosiddetto Ceta, il trattato di libero scambio tra il Canada e l'Unione europea.
Per la cronaca: il documento passò lo stesso, anche con il voto contrario di Schlein. E per fortuna, perché a sei anni di distanza, nel 2023, i risultati positivi già erano sotto gli occhi di tutti gli analisti.
Chissà se oggi realmente anche sotto quelli della segretaria dem, visto che rivendica la nitidezza delle sue posizioni soprattutto a livello europeo: Ventotene o non Ventotene, Elly Schlein ripete che coerenti come lei, pochi e poche.