Nato in Italia, adottato negli Stati Uniti in quanto 'orfano', fino all'incontro con la sua mamma biologica 28 anni dopo, viva, che aveva sempre sognato di riabbracciarlo. John Pierre Battersby Campitelli è uno degli oltre 3.700 bambini prelevati da un brefotrofio e "venduti" in America da un'agenzia cattolica, la cui storia è stata anche raccontata in un libro (Il prezzo degli innocenti di Maria Laurino).
Dagli anni Novanta, ossia da quando ha scoperto il suo passato, John Campitelli si batte per il diritto alle origini. In Italia la legge sulle adozioni (184/83, art. 28) è anche conosciuta come la “legge dei cento anni”.
Chi non è stato riconosciuto alla nascita, infatti, deve attendere un secolo per poter accedere alle generalità della madre biologica. Nel 2013, la Corte Europea per i diritti dell'Uomo (Cedu) ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 28, comma 7 della legge184/83 sulle adozioni, aprendo nuove possibilità per le persone adottate. Sebbene non manchino gli ostacoli e una nuova legge non ci sia ancora.
John Campitelli (per conoscere la sua storia: Adottato come orfano, John Campitelli ritrova la madre a 28 anni: storia dei bambini "venduti") oggi vive a Milano. È presidente di Italiadoption che, negli Stati Uniti, ha come obiettivo il ricongiungimento delle persone adottate come lui con i familiari in Italia. Ma fa parte anche dell'associazione FAEGN- Figli adottivi e genitori naturali, fondata con Luisa Di Fiore e Monica Rossi, residenti rispettivamente a Roma e Torino.
Le due associazioni collaborano dal 2001, in seguito all'introduzione di modifiche alla legge 184/1983, che permettevano alle persone adottate di accedere alle generalità dei genitori biologici una volta compiuti 25 anni. Un'opportunità, però, non concessa a chi era stato partorito in anonimato: su questo punto si concentravano (e si concentrano ancora) le loro battaglie. Le difficoltà infatti, nonostante alcuni risvolti positivi avvenuti negli anni, persistono.
"Nel 2013 Anita Godelli, figlia adottiva di Trieste, si è rivolta alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. L'Italia è stata quindi condannata perché ha ritenuto incostituzionale la parte in cui non prevede che il giudice possa interpellare la madre, nel caso il figlio non riconosciuto presenti un'istanza, per richiedere la revoca dell'anonimato espresso al momento del parto" racconta John.
Ogni caso a sé e, come dimostrano molte delle storie dietro le adozioni, le madri a volte erano state costrette dalle circostanze o dai familiari a questa scelta. Anni dopo potrebbero aver cambiato idea o migliorato la propria posizione lavorativa e personale. Altre volte veniva detto loro che il neonato era morto e non avevano mai smesso di pensarci.
"Anche la Corte Costituzionale Italiana e la Corte di Cassazione, con delle sentenze a sezioni unite nel 2017, hanno stabilito che un figlio adottivo adulto ha il diritto di fare istanza al tribunale mediante l'articolo 28 e accedere alle informazioni sulle sue origini biologiche. Ammesso che la madre non esprima parere negativo. A quel punto l'istanza viene rigettata. Si deve attendere il decesso e la morte della madre per poter risalire alle proprie origini: questa è la situazione attuale" spiega.
Nonostante la condanna da parte del Cedu, i legislatori latitano: "C'è una proposta di legge presso la Commissione Giustizia alla Camera, è lì che langue dal 2022 e attendiamo ancora la sua calendarizzazione. Siamo in attesa che qualcosa cambi, ma nel frattempo tutti devono sapere che c'è la possibilità di fare istanza al proprio Tribunale per i Minorenni competente per residenza. Lo abbiamo ottenuto e vogliamo comunicarlo al mondo".
Nonostante questa 'vittoria', però, spesso emergono altre problematiche: "Purtroppo molti magistrati non comprendono l'importanza e l'urgenza di voler conoscere le proprie origini".
Da quando è stata emessa la sentenza della Cassazione, nel 2017, sono state presentate circa 3000 istanze ai Tribunali dei Minorenni sparsi in tutto il territorio e molte di queste sono state purtroppo rigettate.
"Non perché la madre non voglia revocare l'anonimato, ma spesso perché le sue generalità non vengono reperite. Molti magistrati si fermano alla prima difficoltà. Se per esempio l'ospedale non trova la cartella clinica, l'istanza viene rigettata: non vengono fatti ulteriori tentativi o indagini approfondite. A volte alcuni giudici non concepiscono che conoscere le proprie origini sia un diritto primario dell'uomo" spiega Campitelli.
Lo stesso copione si ripete anche nel caso in cui la madre biologica venga individuata, ma si sia trasferita all'estero o risulti irreperibile.
"Fare una rogatoria internazionale è dispendioso economicamente, così tutto si blocca. Abbiamo portato alcuni di questi casi in Corte d'appello, addirittura in Cassazione, e in molte occasioni abbiamo vinto. Questi procedimenti devono essere considerati prioritari, perché i nostri genitori biologici non stanno diventando più giovani. Il tempo non gioca a nostro favore".
Mentre si attende una nuova legge si provano altre strade alternative, come i social. Ci sono dei gruppi e pagine dove molte persone- figli, a volte i loro fratelli, ma anche nipoti di madri anonime- lanciano accorati appelli. Anche le trasmissioni televisive e i giornali possono dare una mano. E poi, sottolinea John, "contiamo sulla generosità. Io lo dico sempre: la risposta è dentro di noi. Basta fare un test del DNA, dal costo di circa 50 euro, e in un mese si trovano tutte le corrispondenze disponibili nelle banche dati genetiche, che possono dare indicazioni utili per l’individuazione per propri parenti biologici e le loro origini geografiche".
L'invito di John Pierre Campitelli è quello di sottoporsi all'esame autosomico anche quando si fa istanza al tribunale.
"Non sempre quello ciò che risulta sui documenti corrisponde a verità. Una donna poteva anche dichiarare un nome falso, dato che nessuno richiedeva la carta d'identità. Abbiamo avuto due casi di questo tipo: non c'era corrispondenza di codice genetico tra presunti genitori e figli. I tribunali possono sicuramente fare la loro parte, ma con il test del DNA si può risalire anche al padre che, magari, si è dileguato quando ha scoperto di aver concepito un figlio oppure ne era totalmente ignaro".