Walter Tobagi, un nome che evoca coraggio e dedizione nel mondo del giornalismo italiano, fu tragicamente assassinato il 28 maggio 1980 a Milano, all'età di 33 anni. La sua vita, segnata da un impegno costante nella denuncia del terrorismo e nella difesa della libertà di stampa, è stata interrotta brutalmente da un commando di terroristi appartenenti alla Brigata XXVIII marzo. Ma chi era Walter Tobagi al di fuori del suo lavoro? Quali erano le sue radici familiari e chi lo ha lasciato in eredità la sua memoria?
La moglie di Walter Tobagi è Maristella Oliviero. La coppia ha avuto due figli: Luca e Benedetta. Entrambi hanno scelto di portare avanti l’eredità morale e intellettuale del padre. In particolare, Benedetta ha raccontato la sua storia nel libro Come mi batte forte il tuo cuore, pubblicato cinque anni fa da Einaudi. L’opera, però, non si limita a narrare la vita del padre o la tragedia che ha segnato la loro famiglia, ma diventa un racconto corale che abbraccia anche il contesto storico e umano in cui si inserisce.
Prima di iniziare a scrivere, Benedetta si è confrontata con i suoi familiari, chiedendo il loro consenso. “Se avessero avuto delle riserve o si fossero sentiti a disagio con questo progetto”, aveva raccontato in un’intervista a SetteSere, “non avrei esitato a rinunciarvi”. Tuttavia, col passare del tempo, i suoi cari si sentirono pronti e le diedero il loro assenso. Nonostante ciò, Benedetta pose due condizioni: la prima a sé stessa, imponendosi di mantenere un tono discreto ed evitando di rivelare dettagli troppo intimi; la seconda ai suoi familiari, ai quali chiese di non leggere il manoscritto fino al completamento. Quando finalmente il libro fu pronto, lo lessero con grande trasporto, divorandolo in pochissimo tempo.
Sua madre, Maristella, le fece recapitare un mazzo di rose pallide, un gesto simbolico per farle capire di aver compreso e apprezzato le delicate omissioni e le sfumature narrative presenti nel libro. Suo fratello, Luca, invece, le confidò un pensiero che aveva a lungo portato con sé: “Mi sono sempre chiesto come avrei raccontato la storia di nostro padre ai miei figli. Ora non devo più preoccuparmene, perché il tuo libro lo fa per me”.
Il titolo scelto per il libro è un omaggio alla poesia Ogni caso di Wisława Szymborska. L’ultimo verso della composizione, Come mi batte forte il tuo cuore, è carico di significato: pur evocando un senso di forte emozione, non esprime angoscia o dolore, bensì sollievo per un pericolo scampato. Con questa scelta, Benedetta ha voluto sottolineare un aspetto profondo del suo racconto, andando oltre la sofferenza e mettendo in luce la forza della memoria e dell’amore che sopravvive al dolore.
Walter Tobagi nacque il 18 marzo 1947 a San Brizio, una frazione del comune di Spoleto, in Umbria. All'età di otto anni, la sua famiglia si trasferì a Bresso, vicino a Milano, dove trascorse la sua infanzia e adolescenza. La sua carriera giornalistica iniziò presto, già al ginnasio, come redattore del giornale del liceo Giuseppe Parini di Milano, La Zanzara. Questa esperienza precoce lo avvicinò al mondo del giornalismo e lo preparò per il suo futuro professionale.
Dopo il liceo, Tobagi entrò giovanissimo all'Avanti! di Milano, ma vi rimase solo pochi mesi per poi passare al quotidiano cattolico Avvenire. Il direttore, Leonardo Valente, lo descrisse come un ragazzo preparatissimo, acuto e leale, con un interesse vasto che spaziava dalla politica allo sport, dalla filosofia alla sociologia.
Tobagi divenne rapidamente un punto di riferimento nel giornalismo italiano, occupandosi di temi sociali, politici e sindacali. Fu anche un attivo ricercatore e scrittore, pubblicando sette libri durante la sua breve vita, tra cui Storia del movimento studentesco e dei marxisti-leninisti in Italia e La rivoluzione impossibile.
Walter Tobagi fu anche un attivo difensore della libertà di stampa. Nel 1978 fondò la "Lega per la libertà dell'informazione" insieme a Bruno Pellegrino, con l'obiettivo di proteggere i giornalisti da ogni forma di censura e repressione. Questo impegno civile è stato un aspetto fondamentale della sua carriera e della sua eredità.
Il 28 maggio 1980, Walter Tobagi fu ucciso a Milano in via Salaino da un commando di terroristi della Brigata XXVIII marzo. L'agguato fu brutale: Tobagi fu colpito da cinque colpi di pistola mentre si recava al garage per prendere la sua auto. I responsabili dell'omicidio furono identificati come Marco Barbone, Paolo Morandini, Mario Marano, Francesco Giordano, Daniele Laus e Manfredi De Stefano, tutti appartenenti a famiglie della borghesia milanese.
La Brigata XXVIII marzo, responsabile dell'omicidio di Tobagi, era un gruppo terroristico di estrema sinistra formato in parte da figli di famiglie borghesi milanesi. Questo gruppo si costituì in seguito all'uccisione di quattro brigatisti rossi nel "covo di via Fracchia" a Genova. L'omicidio di Tobagi fu un atto di violenza che mirava a silenziare una voce critica e indipendente nel panorama giornalistico italiano.
Gli anni '70 e l'inizio degli anni '80 furono un periodo di grande turbolenza in Italia, segnati dagli "anni di piombo", un periodo di intensa violenza politica e terrorismo. Tobagi, come molti altri giornalisti dell'epoca, si trovò al centro di questo vortice, cercando di documentare e analizzare i fenomeni terroristici senza compromettere la sua indipendenza e integrità professionale.