“Non sono stato io”. Con queste parole, nell’ultima udienza del processo che lo vede imputato davanti alla Corte d’Assise di Bergamo, Moussa Sangare ha ritrattato la sua confessione sull’omicidio di Sharon Verzeni, avvenuto a Terno d’Isola nel luglio 2024. “Non ci sono prove per dire che ho commesso il fatto”, ha aggiunto il 30enne, per il quale è stata disposta una perizia psichiatrica.
Sangare, finora reo confesso, ha fornito la sua nuova versione dei fatti durante l’udienza in cui è stato nominato il perito che – su richiesta della difesa, rappresentata dall’avvocato Giacomo Maj – dovrà visitarlo in carcere per valutare le sue condizioni psicologiche e capire se sia capace di intendere e di volere e di stare in giudizio.
Dopo aver alzato la mano, rivolgendosi ai presenti, Sangare ha dichiarato di non essere lui l’assassino, ma di essere stato visto dal vero colpevole del delitto mentre andava in bici.
ha spiegato, cercando di giustificare il suo comportamento.
E, ancora: “I vestiti li ho buttati nel fiume perché avevo paura che (il vero assassino, ndr) mi individuasse, per questo mi sono anche tagliato i capelli e la barba”. Il tutto in modo sconnesso, negando qualsiasi prova a suo carico.
ha ribadito. Sostenendo di essersi assunto la responsabilità del delitto perché, quando crollò, era “in caserma da tre giorni, senza dormire”. In preda alla stanchezza.
Il padre della vittima, che era in aula, è rimasto “molto scosso” dalle dichiarazioni di Sangare. A riferirlo, come riportato da Tgcom24, è stato il suo legale, Luigi Scudieri, che ha anche fatto sapere:
Secondo lui, la ritrattazione del 30enne dimostrerebbe, ancora una volta, “la sua lucidità”.
Nell’agosto del 2024, dopo essere stato portato in caserma come testimone – perché le telecamere lo avevano ripreso in bici vicino al luogo del delitto – Sangare confessò di essere stato lui l’autore dell’accoltellamento.
Il servizio di Maria Chiara Grandis per il Tg3 - 31 agosto 2024.
Secondo la sua versione, la notte tra il 29 e il 30 luglio era uscito di casa con diversi coltelli e l’intento di fare del male a qualcuno, puntando prima due ragazzini di circa 15 anni, poi un uomo che era in auto al computer e una persona che stava fumando una sigaretta in strada.
Scagliandosi, infine, contro Sharon Verzeni - uscita di casa per fare una passeggiata mentre il compagno, Sergio Ruocco, dormiva - poiché, fra tutti, “era il bersaglio più vulnerabile”. La colpì dopo averla sorpresa alle spalle.
Lei ebbe giusto il tempo di telefonare al 118 per chiudere aiuto. Poi crollò a terra, inerme. Nella casa di Sangare, fu successivamente trovata una sagoma di cartone con cui si era esercitato a lanciare coltelli. Quello del delitto, invece, lo aveva seppellito ai margini del fiume perché “voleva tenerlo per avere memoria di quello che aveva fatto, come un ricordo”. Ora, la ritrattazione.
Che non cambia, comunque, la pesante accusa che gli viene mossa. Quella di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, che prevede la pena dell’ergastolo. Ad avere un peso saranno i risultati della perizia.
L’esperto inizierà i lavori il primo aprile prossimo e avrà poi 90 giorni di tempo per arrivare alle conclusioni. Per il 22 settembre è stata fissata la discussione in aula. In quell'occasione, saranno presenti - oltre al consulente individuato dalla Procura - anche quelli nominati dalle parti.