Il mondo si è svegliato nella giornata del 18 marzo con la notizia che il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza è terminato. Gli attacchi aerei di Israele su larga scala hanno ucciso centinaia di palestinesi. Gli equilibri che avevano portato al cessate il fuoco erano già fragili ma la ripresa immediata del conflitto non era attesa.
Dopo 15 mesi di guerra tra Israele e Hamas, il 19 gennaio è entrato in vigore l’accordo di cessate il fuoco a Gaza. La prima fase è durata 42 giorni. Durante questo periodo, le parti avrebbero dovuto discutere i passaggi successivi della tregua. Nonostante le preoccupazioni sul futuro dell’intesa, alla scadenza di questa prima fase non si è concretizzata una tabella di marcia.
La tregua ha permesso il ritorno di 33 ostaggi israeliani e di oltre mille detenuti palestinesi nei rispettivi territori. Gli abitanti di Gaza, sfollati nel sud della Striscia, hanno avuto la possibilità di tornare alle proprie abitazioni. Con l'apertura dei valichi, è stato nuovamente stabilito il flusso degli aiuti nell’enclave. Tuttavia, la situazione è cambiata con la fine della prima fase e il blocco imposto da Israele all'ingresso di aiuti a Gaza.
Gli attacchi notturni delle forze israeliane hanno segnato la ripresa della guerra nella Striscia. I raid aerei hanno colpito l'intera enclave: il nord della Striscia, Gaza City, il centro di Deir el-Balah e, nel sud, Khan Younis, al-Mawasi e Rafah.
Almeno 404 palestinesi hanno perso la vita nei bombardamenti.
Tel Aviv sostiene che Hamas si stesse riorganizzando e pianificando un nuovo attacco. La Casa Bianca ha affermato che Israele ha consultato gli Usa prima di riprendere i bombardamenti.
Al contrario delle rivendicazioni di coloro che denunciano la ripresa della guerra, Israele potrebbe non aver mai avuto intenzione di porvi fine. Dall'inizio del conflitto nell'ottobre 2023, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha più volte ribadito la propria intenzione di proseguire la guerra fino alla distruzione di Hamas. Parallelamente, gli ultranazionalisti israeliani si erano opposti a un accordo di tregua causando una crisi all’interno della coalizione di governo. Successivamente, il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, aveva lasciato l'esecutivo. Ben-Gvir ora torna a far parte del governo, come ha confermato con un post su X: “Insieme nella forza, per il popolo d'Israele!”.
יחד בעוצמה, למען עם ישראל! pic.twitter.com/78KlHkm31L
— איתמר בן גביר (@itamarbengvir) March 18, 2025
Allo stesso tempo, sono ancora impresse nella memoria le parole di Donald Trump sulla deportazione dei palestinesi di Gaza. Considerando che l’ultima serie di attacchi non lascia un posto sicuro per i palestinesi nell’intera enclave, aumentano i timori sul loro futuro.
Israele afferma che la ripresa degli attacchi è un modo per costringere Hamas a liberare gli ostaggi detenuti a Gaza. Secondo le autorità israeliane, gli ostaggi ancora trattenuti nell'enclave sono circa 59, di cui meno della metà ritenuti ancora in vita.
Hamas, in risposta, ha definito gli attacchi una "palese violazione di tutte le convenzioni internazionali e umanitarie" e ha accusato Israele di mettere a rischio la vita degli ostaggi.
Il Forum delle famiglie degli ostaggi ha espresso le proprie preoccupazioni con una dichiarazione:
L'annuncio che si tornerà in guerra per restituire gli ostaggi è un completo inganno: la pressione militare mette in pericolo ostaggi e soldati. Dobbiamo tornare al cessate il fuoco. La vita di molte persone è in gioco.
הפחד הגדול ביותר של המשפחות, של החטופים ושל אזרחי ישראל התממש.
— מטה המשפחות להחזרת החטופים והנעדרים (@BringThemHome23) March 18, 2025
ממשלת ישראל בחרה לוותר על החטופים.
אנו מזועזעים, זועמים וחרדים מהניפוץ היזום של התהליך להשבת יקירינו משבי חמאס הנורא.
החזרה ללחימה לפני השבת החטוף האחרון תעלה במחיר 59 החטופים שעדיין בעזה ואפשר להצילם ולהשיבם.… pic.twitter.com/60Ul8izY2P
Con centinaia di migliaia di palestinesi nuovamente destinati allo sfollamento e una crisi umanitaria in corso, la nuova ondata di violenza rischia di aggravare ulteriormente la situazione. La ripresa degli attacchi israeliani non solo esaspera la crisi umanitaria ma mette in discussione le prospettive di una soluzione diplomatica e la stabilità della regione.