Esisteva "un contratto di sottomissione sessuale" tra Sofia Stefani e Giampiero Gualandi: un documento, sottoscritto da entrambi nel 2023, dai "contenuti degradanti". Un elemento inquietante emerso durante l'udienza di lunedì 17 marzo 2025 del processo per l'omicidio della vigilessa 33enne, uccisa da un colpo sparato dalla pistola d'ordinanza del suo superiore, nonché ex amante.
Gualandi, 63 anni, è accusato di omicidio volontario pluriaggravato. Secondo l'accusa avrebbe sparato alla donna, mentre si trovavano nel suo ufficio ad Anzola dell'Emilia, inscenando poi una colluttazione. Lui ha sempre sostenuto che il colpo fosse "partito accidentalmente". In aula la pm lo ha definito "prigioniero" di un castello di bugie "da lui stesso costruito".
Giampiero Gualandi e Sofia Stefani avrebbero "firmato un contratto di sottomissione sessuale" il 18 maggio 2023, un anno prima del delitto avvenuto il 16 maggio 2024, quando avevano una relazione. Lo ha rivelato la procuratrice aggiunta Lucia Russo, nel corso dell'udienza presso la Corte D'Assise di Bologna. L'informazione è emersa durante l'analisi dei dispositivi elettronici.
Gualandi si autodefiniva "un padrone, colui che può tutto sulla sua schiava". Anche l'avvocato della famiglia della vittima, Andrea Speranzoni, ha citato il contratto, riportando un passaggio in cui si legge:
Contrariamente all'udienza precedente, l'imputato era presente in aula. Secondo i difensori di Gualandi, Claudio Benenati e Lorenzo Valgimigli, le persone adulte "possono fare quello che vogliono" della propria vita sessuale. Quel contratto- nato dal libro (e dal film) Cinquanta sfumature di grigio, diventato un "fenomeno di massa", sarebbe solo un "gioco".
La tematica del BDSM (bondage, dominazione, sadomasochismo) è discussa su internet e interessava anche la vittima, hanno quindi evidenziato.
ha aggiunto poi l'avvocato Valgimigli, diretto alla Corte.
Prendendo la parola nell'aula della Corte D'Assise, la procuratrice aggiunta di Bologna, Lucia Russo, ha spiegato che, sull'arma del delitto, non sono state ritrovate tracce biologiche o dattiloscopiche della vittima, bensì soltanto dell'imputato.
Ha quindi fatto riferimento alle menzogne raccontate dall'imputato, che aveva chiuso e poi ripreso la relazione extraconiugale con la Stefani.
La pm ha ricostruito la loro storia, definendola "tormentata", in cui ha evidenziato la "vulnerabilità" di Stefani, più giovane di 30 anni e del loro rapporto altalenante, fino al "tragico epilogo". Stando a quanto riferito dalla pm, la relazione si era interrotta ad aprile 2024, dato che la moglie di Gualandi aveva scoperto il tradimento.
L'uomo, tuttavia, le aveva detto che era conclusa da tempo e che Sofia Stefani continuava a perseguitarlo. Dalla ricostruzione della Procura la storia tra i due era in realtà ripresa dopo pochi giorni, "nella piena inconsapevolezza della moglie" e con comportamenti di "doppiezza dell'imputato".
Da una parte i messaggi che confermavano il rapporto "affettivo e sessuale" inviati alla Stefani; dall'altra quelli invece mandati alla consorte, in cui affermava che la 33enne "lo tormentava".
Nel corso dell'udienza si è verificato uno scontro in aula tra la Difesa e la pm, soprattutto in merito alla possibilità di ascoltare il personale della polizia locale di Guastalla, comune in provincia di Reggio Emilia, in cui la Stefani aveva prestato servizio nel 2022. L'obiettivo sarebbe quello di dimostrare la fragilità psichica della vittima.
Secondo Lucia Russo non è rilevante sapere quali fossero i suoi comportamenti all'epoca. Non è un processo alla 33enne, perché "lei è al cimitero", ha sottolineato.
Il post del comune di Anzola, pubblicato su Facebook, in occasione della prima udienza del processo