Il controverso piano proposto dal presidente americano, Donald Trump, per la Striscia di Gaza che prevede l'evacuazione forzata dei palestinesi e la trasformazione dell'enclave in una "Riviera del Medio Oriente", continua a suscitare forti reazioni a livello internazionale. Nonostante le critiche, ci sarebbero stati anche sforzi per coinvolgere alcuni paesi africani, come Sudan e Somalia. Ciò ha provocato ulteriori polemiche sulla sua fattibilità e sulle implicazioni morali e legali di questo progetto.
Il piano del presidente statunitense, Donald Trump, per l'evacuazione forzata dei palestinesi dalla Striscia di Gaza continua a far discutere. Trump ha scatenato accese polemiche proponendo di trasferire circa due milioni di palestinesi dalla loro terra, devastata dalla guerra tra Israele e Hamas. Secondo il tycoon, gli Stati Uniti potrebbero prendere il controllo dell'enclave e costruire la “Riviera del Medio Oriente”.
Il piano è stato discusso soprattutto durante la visita del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, a Washington. La proposta non delude certamente l'ultradestra israeliana, partner di coalizione di Netanyahu, che da tempo sostiene il trasferimento di massa dei palestinesi dal proprio territorio. Come molte idee di Trump (dal prendere il controllo del Canale di Panama all’impossessarsi della Groenlandia, fino alla proposta di fare del Canada il 51esimo stato degli Usa) questo piano torna periodicamente all’attenzione della comunità internazionale.
In effetti, lo stesso Trump ha condiviso un video generato dall’IA intitolato “Trump Gaza”, che mostrava un resort di lusso sul territorio palestinese. Da allora, l’attenzione dell’opinione pubblica su questo progetto controverso era calata.
Il 14 marzo, l'Associated Press (AP) ha pubblicato un'esclusiva secondo cui Stati Uniti e Israele avrebbero contattato i funzionari di tre nazioni africane per discutere il possibile trasferimento dei palestinesi, riaccendendo il dibattito.
Il Medio Oriente è una regione complessa, segnata da guerre e tensioni tra diverse potenze regionali. Le parole di Donald Trump, oltre a suggerire una possibile violazione del diritto internazionale e implicazioni morali, rappresentano anche un ostacolo per la pace nella regione.
Trump aveva inizialmente proposto la deportazione di milioni di palestinesi in due paesi confinanti, Egitto e Giordania. Tuttavia, entrambe le amministrazioni hanno categoricamente respinto questa eventualità. Il piano del presidente è stato già rifiutato da diversi paesi arabi e ha suscitato indignazione anche tra molte nazioni occidentali.
La risposta del Cairo è stata una controproposta che prevede la ricostruzione della Striscia di Gaza. Questo piano ha ricevuto il sostegno sia delle nazioni arabe che dei principali leader europei. Parallelamente, il silenzio di Trump sulla questione aveva fatto pensare a un possibile cambio di rotta del presidente. Tuttavia, non sembra che questo sia accaduto.
L'Associated Press, facendo riferimento a funzionari americani e israeliani, riporta che gli Stati Uniti e Israele hanno contattato il Sudan, la Somalia e la Somaliland, una regione indipendente senza nessun riconoscimento della comunità internazionale, per portare avanti il piano di trasferire i palestinesi residenti a Gaza. Questo dimostra la determinazione di Washington e Tel Aviv nel perseguire questo proogetto, nonostante le possibili violazioni morali e legali che ne deriverebbero.
L'AP riferisce che due funzionari sudanesi hanno confermato che l'amministrazione statunitense ha contattato il governo per chiedere la disponibilità di accogliere i palestinesi, ma l'idea “è stata immediatamente respinta”.
Reuters, invece, riporta che i ministri degli Esteri di Somalia e Somaliland hanno dichiarato che nessuna proposta è stata ricevuta né dagli Stati Uniti né da Israele.
Va ricordato che questi tre paesi dell'Africa orientale sono già devastati da conflitti e violenze. Pertanto, è impensabile, oltre che improbabile, che una proposta di questo tipo possa essere presa in considerazione. La ricerca di soluzioni pacifiche e condivise resta una necessità per la stabilità e per il rispetto dei diritti dei palestinesi.