Un parziale lieto fine per i familiari di Franco Dattoli, l’uomo scomparso il 10 marzo 2025 in circostanze preoccupanti da Amantea, in Calabria.
Il settantatreenne, affetto da decadimento cognitivo e con problemi di salute mentale, era partito nella notte di lunedì diretto a Cosenza.
Nonostante le sue condizioni, è riuscito a spostarsi autonomamente fino a Torino, dove, a causa delle sue difficoltà, l’11 marzo è stato ricoverato all’ospedale locale.
Tuttavia, è riuscito a eludere il controllo del personale medico e della sicurezza della struttura, allontanandosi senza lasciare traccia.
Da quel momento, nessuno ha avuto più sue notizie e i parenti, preoccupati, hanno denunciato la scomparsa alle forze dell’ordine.
Nella giornata di ieri è stato ritrovato, ma per Jessica, nipote del pensionato, qualcosa non quadra nella versione fornita dai sanitari.
Nonostante il suo rientro in clinica incolume, la donna sostiene che si sia trattato di un miracolo, di una fortunata casualità, e sottolinea la necessità di maggiori controlli all’interno degli ospedali.
Il racconto in esclusiva a Tag24.it: le dichiarazioni riportate nella seguente intervista provengono direttamente dalla viva voce di un suo familiare.
"Martedì alle 17:00 vengo chiamata dalla polizia, che mi informa che mio zio è stato ritrovato a Torino da una coppia. Mi dicono che avrebbero chiamato un’ambulanza", racconta la nipote di Dattoli.
"Arriviamo all'ospedale, dove, dopo l’attesa necessaria, viene visitato", prosegue.
"Alle 22 viene sottoposto a una TAC. Poi mi dicono: ‘Vada a casa, torni domani, potrà incontrarlo alle 17’, mentre mio zio è ancora in osservazione", sottolinea.
"A causa del suo decadimento cognitivo, deve essere ospitato in una struttura adeguata".
“Ieri mattina alle 9:20 abbiamo messo in contatto i servizi sociali della struttura sanitaria con quelli di Amantea”, afferma la donna.
“Alle 13:20, poco dopo pranzo, ho ricevuto una chiamata da un numero sconosciuto: ‘La chiamiamo dal pronto soccorso, suo zio si è appena allontanato. Ci dispiace tanto’. Mi informano che nel frattempo hanno avvertito la polizia”.
“Dopo essere riusciti a farlo ricoverare martedì, ero certa che fosse al sicuro. Se affidiamo un nostro caro alle cure di infermieri e personale medico, perché è riuscito a scappare?”
“Dieci minuti dopo la telefonata ricevuta dall’ospedale, ho chiamato il numero di soccorso e ho chiesto informazioni su mio zio, identificandomi come sua parente più prossima”.
“In qualità di nipote, ho chiesto: ‘Cosa posso fare per aiutare?’ e mi hanno chiesto il suo identikit e quali oggetti avesse con sé. Mio zio aveva un borsello…”
“Mi hanno chiesto: ‘Ce l’ha una foto? Me la faccia avere…’. L’ho ricevuta alle 17 del pomeriggio perché io abito a Torino, lui ad Amantea”.
“Ho fornito le foto alla polizia di stato e ho atteso…”
“Nel frattempo ho contattato ‘Chi l’ha visto?’, e la trasmissione si è interessata al caso di mio zio e sono intervenuta in trasmissione”.
“Alle 21:30, credo fosse quello l’orario, è terminato il servizio. Ho ricevuto diverse telefonate dopo l’appello trasmesso in televisione, tra cui una dal cellulare di mio zio.”
“Dall’altro capo del telefono, però, c’era una guardia giurata all’ingresso del pronto soccorso che mi informava di aver trovato il borsello di mio zio poco fuori dalla struttura, in un’aiuola.”
“Mi ha chiesto: ‘Signora, vuole venire a prendere il borsello di suo zio?’ e io ho risposto: ‘Certo, ma lui ora dov’è?’.”
“Lui mi ha risposto: ‘Ma chi è suo zio? Io non so niente…’.”
“Nel frattempo, alle 22:00, ho ricevuto un messaggio da un numero che non conoscevo, in cui mi informavano che mio zio era in reparto ed è stato avvisato anche ‘Chi l’ha visto?’ come testimonianza.”
“La comunicazione si è conclusa con: ‘Suo zio è in ospedale, è in reparto… me lo hanno confermato’, questo alle 22:02.”
“Questo, per me, è un episodio di malasanità”, sottolinea.
“Ora mio zio è salvo, è ancora in ospedale ed è sotto controllo, ma mi chiedo: ’E se non fosse rientrato autonomamente dopo essere fuggito?”
“Dove sarebbe andato? Quotidianamente si sentono notizie di persone che si allontanano da un ospedale e vengono ritrovate senza vita”.
“Se è ancora tra noi, è un miracolo e siamo felici di poterlo riabbracciare. Tuttavia, è necessario un maggiore impegno e una maggiore sicurezza da parte delle strutture ospedaliere”.
“Mio zio non è più capace d’intendere e di volere, quindi non era libero di andarsene”.
“Spero che eventi di questo tipo siano da esempio e che non accadano più. I nostri cari devono essere tenuti al sicuro”, conclude.