Il nuovo piano europeo per i rimpatri introduce regole più severe sull'immigrazione, segnando un'inversione nelle politiche migratorie europee. L'obiettivo principale è rendere i rimpatri più rapidi ed efficienti.
Il nuovo regolamento è stato ufficialmente presentato dal commissario per gli Affari Interni, Magnus Brunner, all’Europarlamento di Strasburgo. I contenuti, già ampiamente anticipati nei giorni scorsi, evidenziano un’inversione ad ‘U’ sul tema dell’immigrazione da parte dell’Europa, con un deciso restringimento delle maglie dell’accoglienza.
Sono lontani i tempi del “Ce la faremo” di Angela Merkel, l’Europa ascolta le sirene del nazionalismo di destra e vara la prima vera stretta europea all’immigrazione. Un provvedimento necessario per rimediare ad almeno due decenni di politiche inefficaci, nel corso dei quali il problema è stato lasciato completamente sulle spalle degli Stati al centro delle rotte migratorie.
Una toppa necessaria per ‘uniformare’ la gestione dei rimpatri a un modello unico europeo, valido e applicabile immediatamente in tutti gli Stati dell’Unione.
Il nuovo regolamento europeo per i rimpatri dovrà essere approvato dal Parlamento Europeo prima, e dal Consiglio dopo, e nell’iter di approvazione sicuramente interverranno delle modifiche.
Le sinistre europee e le associazioni umanitarie hanno già manifestato preoccupazione e contrarietà per alcune disposizioni contenute nel testo presentato da Brunner.
Tuttavia l’obiettivo della Commissione Ue è chiaramente declinato nelle nuove regole contenute nel testo redatto e presentato all’Europarlamento.
Ecco i dieci punti chiave del nuovo piano per il rimpatrio dei migranti irregolari che tutti i 27 Stati membri saranno tenuti a rispettare.
Queste in estrema sintesi le novità del Regolamento Europeo per i rimpatri.
Anche se il Commissario Brunner ha tenuto a precisare che gli hub per i rimpatri sono diversi dagli hotspot italiani Albania, è evidente che il governo italiano abbia fatto da apripista in Europa al concetto di esternalizzazione del processo di rimpatrio.
L’esternalizzazione del processo di rimpatri, in pratica prevede l’utilizzo di centri di accoglienza/detenzione per migranti destinatari di un decreto di espulsione, collocati in stati terzi, ovvero, esterni all’Unione Europea. L’Italia ne ha costruiti due in Albania, a Gjader e Shenjin, con la differenza che quelli italiani sono destinati ad accogliere richiedenti asilo in attesa di conoscere l’esito della loro richiesta.
Nelle ultime settimane, però, anche in Italia si è cominciato a ventilare l’ipotesi di trasformare questi centri in centri per i rimpatri sulla scorta di quanto previsto nel regolamento UE.
Il ricorso a centri di detenzione appositamente creati in stati terzi ha lo scopo di evitare la fuga dei migranti irregolari che non hanno diritto al permesso di soggiorno. A oggi, infatti, l’Europa riesce a rimpatriare solo il 20% dei migranti irregolari, poiché in molti riescono a scappare prima di essere riportati in patria e scompaiono fino a quando non riemergono spesso perché protagonisti di fatti di cronaca, come purtroppo evidenziano le statistiche.
Il regolamento prevede anche altri obblighi, come quello di residenza nei luoghi designati o di firma, proprio per limitare il pericolo di fuga.
???????? Oggi, al Collegio dei Commissari, abbiamo approvato una importante proposta di Regolamento per garantire il rimpatrio dei migranti che non hanno il diritto di rimanere nell'Ue. La politica migratoria dell'Unione Europea ha funzionato in modo efficace, fino ad oggi, solo sul… pic.twitter.com/jmGUpvMGhA
— Raffaele Fitto (@RaffaeleFitto) March 11, 2025
La direzione intrapresa dalla Commissione UE sembra essere chiaramente delineata: regole più stringenti per facilitare i rimpatri e trattenere solo i migranti che hanno davvero diritto di soggiornare e lavorare all’interno degli Stati UE ed esternalizzazione dei processi di rimpatri.
Letta così, la questione sembra molto semplice, ma la realtà è molto più complessa perché quando si interviene su una questione tanto delicata, come la vita di migliaia di persone potenzialmente perseguitate nei propri paesi o in fuga da fame e miseria, le variabili da prendere in considerazione sono tante.
È per questo che, ad esempio, il nuovo regolamento ha deciso di non decidere sulla questione della determinazione dei Paesi Sicuri per i rimpatri, lasciando alla Corte di Giustizia Europea il compito di dirimere una controversia giuridica sollevata proprio dall’Italia e dal Governo Meloni.
Governo a cui va il merito di aver smosso le acque in Europa, portando al centro del dibattito il tema migranti e la necessità di regolamentare una materia che per molti anni è stata ignorata a discapito della sicurezza dei cittadini europei e degli stessi migranti.
Il nuovo Regolamento europeo sui rimpatri, presentato dal commissario Magnus Brunner, prevede misure più severe per contrastare l'immigrazione irregolare.
Le nuove regole includono un divieto di ingresso di 10 anni per chi viene rimpatriato, l'istituzione di hub per i rimpatri in paesi terzi, e l'obbligo di residenza in luoghi designati. Vengono inasprite anche le pene per chi non collabora con le autorità e viene prolungato il periodo di detenzione fino a 24 mesi.
Il piano si concentra sull’esternalizzazione dei rimpatri, come già fatto dall’Italia con i centri in Albania, per evitare le fughe dei migranti. Sebbene il governo italiano abbia supportato l'iniziativa, molte organizzazioni umanitarie e sinistre europee criticano il regolamento per le sue implicazioni sui diritti umani. Inoltre, rimangono irrisolti i criteri per definire i Paesi Sicuri per il rimpatrio, lasciando la questione alla Corte di Giustizia Europea.