Si è tornati a parlare del caso di Cascina Spiotta, dove il 5 giugno 1975 morirono, nel corso di uno scontro a fuoco, l'appuntato dei carabinieri Giovanni D'Alfonso e la brigatista trentina Margherita Cagol, conosciuta con il nome di battaglia di "Mara". L'occasione è stata l'inizio del processo che vede imputati per i fatti gli storici capi dell'organizzazione di estrema sinistra, Renato Curcio e Mario Moretti, e il militante Lauro Azzolini che, sentito in aula, ha ammesso per la prima volta: "Io quel giorno c'ero".
Per la sua attività eversiva, Azzolini, oggi 82enne, è già stato condannato all'ergastolo. Dal 2023, l'ex Br risulta però indagato anche per omicidio, in relazione alla sparatoria di Cascina Spiotta, nell'ambito del nuovo fascicolo aperto dalla Procura nazionale e dalla Procura di Torino dopo la presentazione di un esposto da parte dei familiari dell'appuntato D'Alfonso.
Sentito dai giudici della Corte d'Assise, davanti cui è in corso il processo che lo vede imputato insieme a Curcio e Moretti, ieri, 11 marzo 2025, Azzolini è tornato sui fatti, soffermandosi, in particolare, sugli ultimi istanti di vita dell'amica e "collega" Mara Cagol, che il 5 giugno 1975 morì dopo essere stata raggiunta da due proiettili, al braccio e alla schiena.
"Ci schiantammo contro l'auto dei carabinieri", ha raccontato. "Lei sanguinava a un braccio, ma disse che non era nulla". Poco dopo, "vidi la sua ultima immagine: era viva, disarmata, con le mani alzate. Urlava ai carabinieri di non sparare. Poi sentii due colpi di arma da fuoco", ha proseguito l'ex Br, subito dopo datosi alla fuga.
Cagol e Azzolini stavano tentando di allontanarsi dal covo d'Arzello, la Cascina situata nell'Alto Monferrato (Alessandria) dove, ventiquattro ore prima, avevano portato, insieme ad altri, l'industriale Vittorio Vallarino Gancia, sequestrato (reato ormai caduto in prescrizione).
Quel giorno, il 5 giugno 1975, i carabinieri li avevano sorpresi. "Non sapevamo cosa fare", ha ricordato Azzolini. "Fummo presi dal panico. Era la prima volta che ci trovavamo in quella situazione".
Si trovarono presto intrappolati tra l'auto dei carabinieri e la strada sbarrata. Azzolini non sparò. Secondo la sua ricostruzione, lanciò solo delle bombe a mano "senza mirare", per aprirsi un varco e dirigersi verso il bosco. Una volta raggiunti gli alberi, si voltò e vide la compagna a terra.
"Continuai a correre, solo, cercando rifugio", ha raccontato in aula secondo quanto riportato da Lo Stato Quotidiano. Rivolgendo anche un pensiero a Mara, che ha definito una "donna eccezionale". "Vederla cadere su quel prato, dove poco prima era viva accanto a me", ha detto, "è una ferita che mi porto dentro ogni giorno".
Il servizio di Riccardo Porcù per il Tg3 - 11 marzo 2025.
La sua testimonianza ha una forte rilevanza. I fatti di Cascina Spiotta, in effetti, non sono mai stati del tutto chiariti. Tanto che in molti continuano a riferirsi al caso come a un vero e proprio "cold case", un mistero irrisolto.
Lauro Azzolini - che attualmente è in regime di semilibertà - si è definito "l'unico sopravvissuto a quella giornata". L'unico che c'era, che ha visto tutto. L'unico che riuscì a far perdere le proprie tracce. Insieme a lui sono alla sbarra anche Curcio e Moretti, in ragione della loro figura apicale all'interno dell'organizzazione brigatista.
"Attendiamo la verità", ha fatto sapere l'avvocato Guido Salvini, che assiste Bruno D'Alfonso, figlio dell'appuntato ucciso. Verità che, dopo quasi 50 anni, potrebbe finalmente essere vicina. Il processo è in corso. E, secondo il legale di parte civile, "deve continuare". Solo così si potrà riuscire, forse, a rispondere agli interrogativi aperti e a chiudere il cerchio.